Con Francesco alla scoperta di Dio e dell’uomo: la povertà dell’Incarnazione

Quarto appuntamento  “Con Francesco d’Assisi alla scoperta di Dio e dell’uomo” che ci aiuta a conoscere meglio la figura del Poverello attraverso un lavoro di Fra Arturo Milici Frate Minore che attualmente è inserito nella Fraternità di Ravanusa. Con questa meditazione ci aiuta meglio ad entrare nel mistero dell’Incarnazione in modo da vivere bene il Natale di Gesù

di Fra Arturo Milici – “E ti rendiamo grazie, perché come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, così per il santo tuo amore, con il quale ci hai amato, hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergine beatissima santa Maria, e per la croce, il sangue e la morte di Lui ci hai voluti redimere dalla schiavitù” (Rnb XXIII,3: FF 64). Il rendimento di grazie di Regola non bollata XXIII continua, dopo la breve constatazione della caduta, e si apre alla contemplazione dell’opera divina nella redenzione del genere umano. È significativo che Francesco richiami ancora la creazione come preparazione o parallelo della redenzione: “come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, così…”. La salvezza dell’umanità è frutto dell’unico mistero pasquale di Cristo, che si articola nei due momenti dell’Incarnazione e della Passione. Proprio i due momenti, le due facce dell’unico mistero che, stando alla testimonianza del suo primo biografo, più innamoravano il cuore di Francesco:“Meditava continuamente le Sue parole e con acutissima attenzione non ne perdeva mai di vista le opere. Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente voleva pensare ad altro” (1Cel 84: FF 467).

L’umiltà dell’Incarnazione, innanzi tutto. “Per il santo tuo amore, con il quale ci hai amato, hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergine beatissima santa Maria”. Possiamo leggere queste parole di Rnb XXIII,3 in parallelo con un altro passo di Francesco, l’inizio del capitolo I della II Lettera ai fedeli (2Lf I: FF 181-185):

“⁴L’altissimo Padre celeste, per mezzo del santo suo angelo Gabriele, annunciò questo Verbo del Padre, così degno, così santo e glorioso, nel grembo della santa e gloriosa Vergine Maria, e dal grembo di lei ricevette la vera carne della nostra umanità e fragilità. ⁵Lui, che era ricco sopra ogni altra cosa, volle scegliere in questo mondo, insieme alla beatissima Vergine, sua madre, la povertà” (2Lf I,4-5: FF 181-182).

L’Incarnazione del Verbo è descritta plasticamente, quasi come in un’iconostasi bizantina, nell’annuncio dell’Angelo a Maria. Ma colui che annuncia il Verbo, in realtà, è il Padre; è Lui la fonte di tutto il movimento della scena. Il Verbo eterno si abbassa, si umilia, si rimpicciolisce, si spoglia della Sua infinita ricchezza, e discende nel grembo della Vergine. Insieme a lei, sceglie di vivere povero in questo mondo. L’Incarnazione è letta come mistero di estrema povertà. Dio si fa uomo: sta qui la radice più profonda, l’essenza cristologica della povertà francescana. Nel Cristo povero, come vedremo più avanti, tutto l’uomo ritorna povero, e riattinge finalmente alla beatitudine originaria, alla grazia precedente il peccato di appropriazione.

Dalla Vergine il Verbo assume “la vera carne dell’umanità e fragilità nostra”: “veram recepit carnem humanitatis et fragilitatis nostrae” (2Lf I,4). Ogni parola ha un peso.

Articoli precedenti:

  1. Francesco nel suo contesto storico
  2. Francesco e i suoi scritti

  3. L’uomo davanti a Dio

  4. La creazione, famiglia universale

 

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