Commento di Fra Marcello Buscemi e Tiziana Frigione
Mercoledì della Ix settimana T.O
Letture: Tb 3,1-11.16-17; Sal 24; Mc 12,18-27
Riflessione biblica
“Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà moglie? Poiché tutti e sette l’han-no avuta in moglie”. Ancora una disputa condotta con molta ipocrisia. E Gesù con pazienza la smonta e ci offre un altro capolavoro di sapienza. I sadducei, basandosi solo sul Pentateuco (i primi cinque libri della Bibbia), “affermavano che non c’è risurrezione né angeli né spiriti” (At 23,8); la loro era una disputa ridicola, senza fede e di un sapore maschilista ributtante, che mette in ridicolo la legge stabilita da Dio in Dt 25,5-6. Gesù la confuta partendo proprio dalla parola di Dio: allude al “roveto ardente” che non si consumava e ne trae una verità profonda: “Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe? Non è Dio dei morti, ma dei viventi!” (Es 3,1-6.15). Dio, facendoci partecipi della risurrezione, ci immette in una condizione più profonda del nostro essere umani: “nella risurrezione dei morti, (l’uomo) è seminato nella corruzione, risorge nell’incorruttibilità; è seminato nella miseria, risorge nella gloria; è seminato nella debolezza, risorge nella potenza; è seminato corpo animale, risorge corpo spirituale” (1Cor 15,42-44). Dubitare di ciò è mancanza di fede nella potenza trasformatrice di Dio: non saremo angeli, ma come gli angeli di Dio. Essi, per continuare a vivere, non hanno bisogno di “generare o di essere generati”; la procreazione umana è legata alla “temporaneità transitoria” della nostra esistenza umana: l’uomo continua a vivere nei figli e nei nipoti. Con la risurrezione, siamo aperti all’immortalità e alla fecondità spirituale di Dio: “Come eravamo simili all’uomo terreno, così saremo simili all’uomo celeste. È necessario che questo corpo corruttibile si vesta d’incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta d’immortalità” (1Cor 15,49.53). Abramo, Isacco e Giacobbe, hanno creduto in Dio e pur essendo morti fisicamente, essi sono vivi per la potenza di Dio, tanto che in loro nome di Dio continua la sua alleanza con noi che crediamo nella sua potenza di vita. Di più: nel battesimo siamo stati immersi nella morte e risurrezione di Gesù (Rom 6,4), per questo crediamo nella sua parola: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno” (Gv 11,25-26).
Lettura esistenziale
Le leggi dei sadducei rispondevano al problema di generare, trasmettere la vita, garantire un erede. Un’attenzione agli aspetti materiali, che rimanda alla presunzione di ridurre Dio alle logiche umane, il senso della vita al calcolo dei vantaggi concreti e, soprattutto, all’incapacità di guardare oltre ed aprirsi alla conoscenza di Dio, fino a scoprire la sua promessa e la sua potenza, che è l’amore . Ci inganniamo, dice Gesù, se non conosciamo il suo amore, rischiamo di chiudere i nostri orizzonti e vivere senza la consapevolezza della risurrezione. I sadducei non ci credevano e tentano di ridicolizzare questa verità, così interrogano Gesù , ponendo l’attenzione sul calcolo di chi sarà moglie, alla risurrezione, una donna che ha sposato sette fratelli, applicando proprio ragionamenti umani. Per Gesù la centralità è un’altra :nella risurrezione non ci sarà il problema di generare, di trasmettere la vita, saremo tutti vivi nell’amore e, amandoci, risorgiamo e sperimentiamo un anticipo della vita eterna, già ora. Nel futuro, saremo, “come gli angeli di Dio”, trasformati in amore, che vive in eterno, proprio nella relazione. La morte naturale è inevitabile, ma non finiamo nel nulla ,veniamo da Dio e torniamo a Dio, attraversando l’esperienza della vita, come suoi figli, non più schiavi della paura della morte, perché siamo in comunione con Dio, liberi di realizzarci pienamente nell’amore, che oltrepassa la morte. Proprio l’appartenenza reciproca di amore con Dio ci fa suoi. Lui è “il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”, il Dio mio, nostro, il Dio che è vita, esistenza, amore. Vivendo in lui, scopriamo cos’è vivere in eterno, non perché ci sia un tempo o un luogo, ma un tutto che è già in noi ed è amore. Siamo corpo, non abbiamo un corpo. Vivere il corpo non è consumare un piacere fine a se stesso, ma vivere il piacere nella relazione. Siamo corpo, viviamo nel corpo, ma è destinato ad essere luce, ad essere gloria, ad essere amore, ad essere gioia, ad essere pace. Siamo nati donne e uomini, ma questa vita è una continua gestazione, fino al compimento di noi stessi, fino a quando saremo solo amore. Questa certezza ci libera dall’egoismo di preservarci e consumare questa vita, perché tutte le cose vive sono quelle che viviamo come relazione d’amore, non si consumano, fioriscono. Gesù ci dice che Dio “Non è un Dio dei morti, ma dei viventi” , perché è amore e l’amore è vita e noi siamo destinati alla pienezza di vita, in comunione con lui.