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La Comunità di Sant’Egidio a Messina tra presenza, testimonianza, futuro

di Francesco Polizzotti – L’esperienza della Comunità di Sant’Egidio è nota a molti. Fin dalla sua fondazione si è distinta per un amore sincero ai poveri, abbracciando una fraternità che ha saputo realizzare opere di bene nelle nostre città, in quei quartieri particolarmente attraversati da povertà, con mense, attività educative, raccolta di beni e di viveri, costruzione di ponti tra generazioni e di promozione della pace “da ricercare nella storia e da costruire nelle città” come ricorda il fondatore Andrea Riccardi.

Giovedì 4 maggio, presso il Salone delle Bandiere del Comune di Messina, la Comunità di Sant’Egidio di Messina ha organizzato un convegno alla presenza del presidente della comunità di Sant’Egidio di Sicilia, Emiliano Abramo, per riportare all’attenzione della città la questione delle periferie e dei poveri. A fargli eco don Nino Basile, della Caritas diocesana, impegnata a supportare le attività di Sant’Egidio così come alcuni progetti realizzati proprio per contrastare la povertà sul territorio.

L’iniziativa fa seguito anche alla sconvolgente notizia dello “sfratto” di Sant’Egidio dal centro intitolato a Floribert Bwana Chui, giovane di Sant’Egidio ucciso in Congo per essersi opposto ad un tentativo di corruzione doganale. La Comunità di Sant’Egidio dal 2017 è impegnata nel quartiere Camaro San Paolo a sostegno dei più deboli e bisognosi. Il 31 maggio, infatti, la Comunità di Sant’Egidio dovrà lasciare i locali del centro polifunzionale a seguito della sentenza del Tribunale che li riaffida ai proprietari ai quali erano stati confiscati per mafia negli anni scorsi. Un colpo non solo a questa realtà, la cui attività in città riscuote apprezzamenti unisoni ma per un intero tessuto di impegno civile e della solidarietà che si vede tradito da una decisione inaspettata.

Nel corso del Convegno sono intervenute le autorità istituzionali e religiose, i presidi di legalità presenti in città, l’Amministrazione comunale. Dopo i saluti di indirizzo dell’Assessore alle politiche sociali del comune Alessandra Calafiore, il cui intervento ha voluto suggellare certa sinergia con la Comunità di Sant’Egidio su progetti comuni e attività di supporto verso i più bisognosi, sono seguiti i saluti di Sua Eccellenza il Prefetto Cosima Di Stasi, del Presidente del Tribunale dei Minori Dottoressa Francesca Pricopo e del Vescovo ausiliario Mons. Cesare Di Pietro. In particolare il Vescovo Cesare ha voluto ricordare alla platea il significato profondo dei poveri all’interno della comunità cristiana, richiamandosi a quell’espressione di San Lorenzo davanti al tiranno del tempo che tentò di distoglierlo dal suo destino di morte a patto che entro 3 giorni gli avesse consegnato «i tesori della Chiesa». Lorenzo si recò dal tiranno, alla guida di un corteo di poveri da lui assistiti. «Ecco questi sono i nostri tesori: sono tesori eterni, non vengono mai meno, anzi crescono». Nelle parole di Don Cesare la gratitudine di un’intera città che grazie all’operato di Sant’Egidio si ricorda dei poveri e sa anche essere generosa con essi.

Nel racconto presentato da Andrea Nucita, Responsabile della comunità di Messina, il valore di una presenza che ha saputo farsi comunità nella comunità, casa accogliente in un contesto difficile in cui il bene gestito, totalmente rigenerato, è tornato a disposizione del quartiere per attività aggregative, distribuzione di beni non solo per il quartiere ma per ampie fasce di popolazione. Un dato su tutti, presentato a Palazzo Zanca: nella sola terza circoscrizione è stata raggiunta circa il 4% della popolazione, di cui il 7,6% solo stranieri. La dimensione delle povertà in città è sottostimata, nonostante siano stati avviati importanti progetti. La povertà incontrata da Sant’Egidio ha i volti degli anziani, delle famiglie, delle persone sole o con una particolare patologia, alle quali è stato possibile attivare l’ADI, l’assistenza domiciliare integrata, grazie proprio all’impegno volontario degli operatori. Di grande rilievo le attività svolte durante a pandemia da Covid-19, in quei mesi in cui non arrivavano gli aiuti alimentari da parte delle agenzie governative ma dove era ancora più necessaria una presenza fraterna nei confronti dei più soli.

Nucita ha voluto sottolineare come la complessità delle situazioni affrontate esige un surplus di impegno da parte della collettività e delle istituzioni. Non solo povertà economica o generazionale ma anche povertà di relazioni, culturale, di cittadinanza e quindi di esercizio dei diritti da parte degli ultimi e dei più emarginati. Solo un cambiamento culturale – sostiene Nucita – può aiutare le periferie ad accorciare le proprie distanze dal resto della città. Un cambiamento che raggiunga tutti, attraverso rapporti di fiducia costruiti tra le persone e senza i quali nessuna risposta sarà mai sufficiente.

Di centro e periferia ha parlato Emiliano Abramo ed in particolare sulla concezione di un centro che non svolge il proprio ruolo di centro e una periferia che viene meno proprio perché non sussiste questo centro. Le periferie non possono infatti essere considerate altre rispetto alla città.

Il centro polifunzionale ha rappresentato un osservatorio privilegiato attraverso il quale non si è solo aiuto i poveri ma si è anche dato dignità al loro sapersi affidare ai volontari di Sant’Egidio. Nessuna distinzione tra chi serve e chi è servito, sta qui la dimensione della comunità di Sant’Egidio. Gratitudine immensa per questa realtà, perché nell’umanizzare ogni gesto di aiuto, umanizza anche il contesto in cui opera.

“Un luogo aperto in periferia è un luogo in cui si costruisce fiducia e si media nei servizi” ricorda Andrea Nucita, Responsabile della Comunità di Sant’Egidio a Messina. Stare nella periferia aiuta ad abbattere la sfiducia nei servizi. È quanto accade al centro Floribert di Camaro che la cronaca recente purtroppo vede presentarsi un’incognita. Il bene confiscato consegnato alla Comunità sarà restituito ai proprietari. Una clava su un servizio che tocca tutti ma non abbastanza. Una sentenza che lascia molti di noi interdetti.

Ma se nelle crisi la Comunità ha sempre trovato le sue ragioni e presenza, si apre una nuova sfida per andare avanti. Non per sé stessi ma per i “nostri poveri”. Le due parrocchie del comprensorio hanno già messo a disposizioni parte dei propri locali, così da garantire continuità all’opera. Ma la cosa importante è che saranno sicuramente gli stessi poveri a suggerire la strada da percorrere. Perché se da un lato i beni e i viveri non sono mai mancati in questi anni, dall’altro nessuno si è tirato indietro nel volontariato, nella gioia di stare assieme nell’ascolto e nella reciprocità.

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