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La Dottrina della Fede sui sacramenti ai divorziati che vivono una nuova unione

L’esortazione apostolica Amoris laetitia di Papa Francesco apre la possibilità di accedere ai sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia quando, in un caso particolare, «esistono limitazioni che attenuano la responsabilità e la colpevolezza». È una delle risposte pubblicate sul sito del Dicastero per la Dottrina della fede, a una «serie di domande» riguardo «all’amministrazione dell’Eucaristia ai divorziati che vivono in una nuova unione». I quesiti erano stati posti al Dicastero, il 13 luglio scorso, dal cardinale Dominik Duka, arcivescovo emerito di Praga, a nome della Conferenza episcopale ceca.

Bisogna considerare, si legge nel testo del Dicastero, che si tratta di un processo di accompagnamento che «non si esaurisce necessariamente con i sacramenti, ma può essere orientato verso altre forme di integrazione nella vita della Chiesa: una maggiore presenza nella comunità, la partecipazione a gruppi di preghiera o di riflessione o il coinvolgimento in vari servizi ecclesiali».

Siamo in presenza, quindi, di un accompagnamento pastorale come esercizio della “via caritatis”, che non è altro che un invito a seguire la strada «di Gesù: della misericordia e dell’integrazione». Il 5 settembre 2016 i vescovi della Regione Pastorale di Buenos Aires avevano preparato per i loro sacerdoti un testo esplicativo dell’esortazione apostolica dal titolo Criteri di base per l’applicazione del capitolo VIII di Amoris laetitia, nel quale si sottolinea che «non è opportuno parlare di “permessi” per l’accesso ai sacramenti, ma di un processo di discernimento accompagnato da un pastore. È un discernimento “personale e pastorale” (AL 300)».

Si deve considerare che, come ricorda Papa Francesco nella lettera al Delegato della Regione Pastorale di Buenos Aires, Amoris laetitia è stata il risultato «del lavoro e della preghiera di tutta la Chiesa, con la mediazione di due Sinodi e del Papa». Questo documento si basa sul «magistero dei precedenti Pontefici, che già riconoscevano la possibilità per i divorziati in nuove unioni di accedere all’Eucaristia», purché assumano «l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi», come è stato proposto da Giovanni Paolo II. Oppure a «impegnarsi a vivere la loro relazione… come amici» come proposto da Benedetto XVI. Papa Francesco mantiene «la proposta della piena continenza per i divorziati e i risposati in una nuova unione, ma ammette che vi possano essere difficoltà nel praticarla e quindi permette in certi casi, dopo un adeguato discernimento, l’amministrazione del sacramento della Riconciliazione anche quando non si riesca a essere fedeli alla continenza proposta dalla Chiesa».

D’altra parte, il Dicastero sottolinea che l’esortazione apostolica Amoris laetitia, è un «documento del magistero pontificio ordinario, verso cui tutti sono chiamati ad offrire l’ossequio dell’intelligenza e della volontà». In essa si afferma che «i presbiteri hanno il compito di «accompagnare le persone interessate sulla via del discernimento secondo l’insegnamento della Chiesa e gli orientamenti del Vescovo». In tal senso, è possibile, anzi «è auspicabile che l’Ordinario di una diocesi stabilisca alcuni criteri che, in linea con l’insegnamento della Chiesa, possano aiutare i sacerdoti nell’accompagnamento e nel discernimento delle persone divorziate che vivono in una nuova unione». Il cardinale Duka nella serie di domande faceva riferimento al testo dei vescovi della Regione Pastorale di Buenos Aires e chiedeva se la risposta di Papa Francesco al quesito della sezione pastorale della stessa diocesi di Buenos Aires, possa essere considerata un’affermazione del Magistero ordinario della Chiesa. Il Dicastero afferma senza dubbio che, come indicato nel rescritto che accompagna i due documenti sugli Acta Apostolicae Sedis, questi vengono pubblicati «velut Magisterium authenticum», cioè come Magistero autentico.

Alla richiesta del cardinale Duka su chi debba essere il valutatore della situazione data delle coppie in questione, il Dicastero evidenzia che si tratta di avviare un itinerario di accompagnamento pastorale per il discernimento di ciascuna singola persona. In questo senso, Amoris laetitia sottolinea che «tutti i sacerdoti hanno la responsabilità di accompagnare le persone interessate nel cammino di discernimento». È il sacerdote, si legge, che «accoglie la persona, la ascolta con attenzione e le mostra il volto materno della Chiesa, accogliendo la sua giusta intenzione e il suo buon proposito di porre tutta la sua vita alla luce del Vangelo e di praticare la carità». Ma è ogni persona, «individualmente, che è chiamata a mettersi davanti a Dio e ad esporgli la propria coscienza, con le sue possibilità e i suoi limiti». Questa coscienza, accompagnata da un sacerdote e illuminata dagli orientamenti della Chiesa, «è chiamata a formarsi per valutare e dare un giudizio sufficienti per discernere la possibilità di accedere ai sacramenti».

Alla domanda se sia opportuno che tali casi siano trattati dal Tribunale ecclesiastico competente, il Dicastero fa notare che nelle situazioni in cui è possibile stabilire una dichiarazione di nullità, il ricorso al Tribunale ecclesiastico farà parte del processo di discernimento. Il problema, si osserva, «si pone nelle situazioni più complesse in cui non è possibile ottenere una dichiarazione di nullità». In questi casi, può essere possibile anche «un percorso di discernimento che stimoli o rinnovi l’incontro personale con Gesù Cristo anche nei Sacramenti». Dato che si tratta di un processo dl discernimento individuale, i divorziati risposati dovrebbero porsi alcuni interrogativi per verificare le proprie responsabilità e chiedersi come si sono comportati verso «i loro figli quando l’unione coniugale è entrata in crisi; se ci sono stati tentativi di riconciliazione; come è la situazione del partner abbandonato; quali conseguenze ha la nuova relazione sul resto della famiglia e la comunità dei fedeli».

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