La morte di uno a salvezza di molti

Commenti a cura di Fra Marcello Buscemi e Tiziana Frigione

Dal Vangelo secondo Giovanni (11,45-56)
In quel tempo, molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che Gesù aveva compiuto, [ossia la risurrezione di Làzzaro,] credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro quello che Gesù aveva fatto.
Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinèdrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione».
Ma uno di loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli.
Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?».

Riflessione Bibblica

“È conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo”. Il cinismo politico-religioso di Caifa contiene una verità profonda e divina: la morte di Gesù è necessaria per la salvezza e per renderci partecipi della sua gloria: “Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?” (Lc 24,26). Non potendo negare “i segni” compiuti da Gesù, che inducevano molti a credere, il Sommo Sacerdote è consapevole che un pericolo incombe sul popolo d’Israele: il messianismo di Gesù, che predica l’avvento del “Regno di Dio”, avrebbe scatenato la rappresaglia del potere romano. Lo sbaglio di Caifa è chiaro: egli giudica in termini politici l’invito di Gesù alla conversione per entrare nel Regno di Dio. Il suo sbaglio è tragico, ma allo stesso tempo profetico: “Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio. Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia” (Ez 34,15-16). E la profezia si compie in Gesù: “Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore” (Gv 10,14-15).buon_pastore-184x300 La morte di uno a salvezza di molti

Nel suo amore infinito, “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). È la fede in lui che salva il popolo di Dio, non la politica di chi vuol preservare il proprio potere e prestigio: “Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!” (Gv 11,50). La salvezza di Gesù non ha nulla di nazionalistico, ma è universale, riguarda tutti i figli di Dio: “E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore” (Gv 10,16). Umile chicco di grano, Gesù muore sulla Croce, ma allora tutti “volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv 19,37). E si avvererà la sua parola: “Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me” (Gv 12,3).

 

Lettura esistenziale

Siamo vivi perché chiamati, perché esistiamo per l’altro , per Dio, che ci risveglia, ci apre gli occhi, per vedere che la vita eterna è già qui, su questa terra:la risurrezione di Lazzaro è segno di questa vita che siamo chiamati a vivere adesso. Dietro quella pietra noi proiettiamo tutte le nostre paure e Gesù rimuovendola ci mostra che proprio lì fiorisce la vita, in quel limite incontriamo la vita nuova, che diventa eterna nell’amore quotidiano, nel dare la vita fino in fondo. Da oggi non dobbiamo fissare lo sguardo sulla pietra, ma realizzare nel nostro cuore un legame intimo e profondo con la vita, con l’amore che è Dio e Dio è eterno ed è il principio ed il fine di tutto e vivendo di questo, viviamo oltre la morte già adesso. Possiamo fissare lo sguardo sull’altro, invece di girarci dall’altra parte, lasciarlo entrare nel nostro cuore dargli e darci dignità, per vivere la nostra umanità in modo divino.

E’ la risurrezione che Gesù è venuto a portare, cioè una vita nuova nell’amore, che è la capacità di essere solidali con l’altro anche in quel punto in cui non lo è più con se stesso, nel suo dolore, nella sua miseria, nella sua paura, nella sua vergogna, nella sua morte. Ecco così facciamo esperienza di Dio, anche noi possiamo vedere , credere. Ma dialoghiamo sempre con quelle parti di egoismo che per difendere comodi equilibri interni, combattere la paura del nuovo che irrompe e crea cambiamento, vogliono uccidere l’amore,cerchiamo alibi, complici interni, per negare l’amore. Lontani dalla fede, qualunque segno buono, perde significato, diventa addirittura minaccioso, facciamo accadere il male, in noi , negli altri, nel perverso tentativo di far prevalere il nostro Io egocentrico e frustrato. Dio interviene in questo accanimento e trasforma le parole di Caifa in prodigio, perché proprio quella sentenza, quel sangue innocente, quella morte spietata ed atroce , è feconda di purificazione e vita nuova, di salvezza. In noi l’amore cambia il senso delle cose, la realtà, il significato di un accadimento, così un momento di buio può essere vissuto come ricerca di luce, il tradimento in perdono, la schiavitù in libertà, il pianto in gioia.

Oggi possiamo entrare con questi sentimenti nella Passione di Gesù, viverla con Lui, tenendo accesa quella luce che ci riporta alla verità e ci fa attraversare il buio senza timore di smarrirci.

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