Pubblichiamo l’omelia pronunciata ieri dall’Arcivescovo di Catania Mons. Luigi Renna durante la messa in occasione dell’ostensione straordinaria del busto reliquario di Sant’Agata, evento che ha visto la partecipazione di tantissima gente, che dopo due anni ha potuto riabbracciare la propria Santa :
Quale sentimento ha attraversato il cuore del Protomartire Stefano mentre veniva lapidato? Gli Atti degli Apostoli testimoniano che erano gli stessi sentimenti di Cristo sulla croce, espressi nelle parole: “Signore Gesù, accogli il mio spirito” e “Signore, non imputare loro questo peccato” (At.7, 59-60).
Quale sentimento ha attraversato il cuore di Agata, la nostra Santa martire, in mezzo alle torture prolungate e feroci a cui è stata sottoposta? Quello di chi ha offerto la sua testimonianza di amore a Cristo fino al sacrificio della vita e che l’ha portata ad esprimersi, prima di rendere lo spirito, con queste parole: “Ti ringrazio, o Signore, che mi hai resa degna di lottare, per il tuo nome. (…) rendimi degna di lasciare questo mondo e conseguire la tua grande misericordia”. Stefano, il primo martire, Agata , la martire di Catania: due esistenze che nella vita e nella morte, sono state illuminate dalla Pasqua di Cristo.
Oggi anch’io sono stato pellegrino con voi, e varcando per la prima volta le porte dell’antico sacello, ho lasciato che quell’immagine che anelavate venerare dopo il periodo della pandemia, illuminasse anche il mio volto! Che cosa ho ammirato anzitutto? Non lo splendore delle gemme preziose, segno di riconoscenza dei devoti, ma la luminosità degli occhi e del sorriso di Sant’Agata, nella quale risplende la luce di Cristo Gesù, vincitore del peccato e della morte.
Non dimentichiamo quelle ferite, ora che siamo risorti! Mentre oggi veniamo in pellegrinaggio a Sant’Agata, chiediamoci se la pandemia ci ha resi più umili di fronte alla vita e alla morte; se ci ha resi più solidali tra noi; se ci fa essere più responsabili verso il bene di tutti e verso la nostra casa comune che è il creato. A Sant’Agata chiediamo di non farci dimenticare quella grande lezione che, malgrado tutto, la pandemia è stata. La cosa peggiore che ci potrebbe capitare e non aver imparato nulla!
Ma chiediamole anche di saper vivere e morire come lei è vissuta ed è morta, con la consapevolezza che Cristo è il Vivente e che noi siamo chiamati a risorgere con Lui. I martiri non morivano per un morto, ma per Cristo che credevano, con la nostra stessa fede, che è Risorto! A noi, che tante volte viviamo come se il Signore Gesù fosse una personalità del passato, Agata insegna a considerare il Cristo nostro contemporaneo, perché “Egli, con i segni della Passione, vive immortale” (dalla liturgia). Se Cristo è risorto ed è vivo, tutto cambia nella nostra vita. Il Risorto è apparso ai suoi donando la pace: è il dono che fa ancora all’uomo del nostro tempo, ed è più urgente che mai! Ha mostrato i segni della Passione, per insegnarci che l’amore non deve aver timore del sacrificio. Ha camminato con i suoi discepoli, ha spezzato il Pane facendosi riconoscere vivo, e ancora oggi nella Parola e nell’Eucarestia si fa nostro cibo. Ed ha sostenuto, proprio perché Vivente, Stefano, poi Giacomo, Pietro e Giovanni, la nostra Agata e i martiri di ogni tempo, nelle prove della vita che attentano alla nostra esistenza pasquale. Riusciremo ad imparare la lezione del martirio di sant’ Agata quando impareremo a perdere la vita per gli altri, per Cristo, riconoscendo che Egli è il Vivente, e non ci lascia mai soli anche quando sembriamo sconfitti come Lui.
In Agata è stato Cristo stesso che ha sofferto, perché Egli ormai abitava in lei, donna pasquale, protesa alla risurrezione anche tra le torture. La nostra città ha bisogno di uomini e donne che facciano sì che il Signore dimori tra noi, di esistenze che siano il riflesso della Pasqua di Cristo, come quella di Sant’ Agata. Catania sarà salvata da Agata e da coloro che la imitano e non si limitano a venerarla in qualche giorno dell’anno. Da dove inizieremo? Non ci si improvvisa martiri, ma si comincia a divenire creature nuove e credibili a partire dalle piccole cose. Papa Francesco, nell’esortazione apostolica sulla santità, ci ha riportato alla concretezza della vita cristiana che richiede impegno e conversione quotidiane: “Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali.” (Gaudete et exultate, 14). Qualche giorno fa in Pescheria un gruppo di persone mi ha detto che sarebbe venuta a prendere la benedizione in Cattedrale: ed io ve la dono, la benedizione per imitare Sant’ Agata, non per sentirci sicuri che qualunque cosa facciamo, anche il male, è benedetto da Dio. La benedizione che vi do oggi è la benedizione pasquale, quella delle creature rinate nell’acqua del battesimo, che guardando sant’ Agata, sì impegnano a dire: “Voglio essere una creatura nuova anch’io”.
La violenza che uccise Sant’Agata in odio alla sua fede, la cieca violenza che ha fatto brillare il tritolo a Capaci, sono della stessa matrice che odia i doni di Dio. Ma la potenza della Risurrezione illumina sia i martiri della fede, sia quelli del bene comune, e ci esorta ad essere uomini e donne che vogliono vivere e morire per l’amore di Cristo e per la giustizia degli uomini, per essere buoni cristiani ed onesti cittadini.