di Francesco Polizzotti –
«La profezia nasce quando ci si lascia provocare da Dio -continua il Papa – non quando si gestisce la propria tranquillità e si tiene tutto sotto controllo. Non nasce dai miei pensieri, non nasce dal mio cuore chiuso. Nasce se noi ci lasciamo provocare da Dio. Quando il Vangelo ribalta le certezze, scaturisce la profezia. Solo chi si apre alle sorprese di Dio diventa profeta».
Il cammino intrapreso si sta rivelando prezioso per quelle chiese diocesane che si sono rese disponibili a fare un cammino ispirato e legato alle indicazioni sinodali. Chi ritiene utile un ritornare più nel territorio, chi richiama ad un agire meno dottrinale e più pastorale, chi invoca aperture e pluralismo anche per applicare gli strumenti di partecipazione pastorale già previste dal Codice di Diritto Canonico (Consiglio pastorale, in primis). Mentre sul piano sociale e politico, molti avvertono la necessità di un rinnovato impegno dei laici cristiani attorno all’agenda di Francesco, a partire dall’approccio rappresentato dall’esperienza dell’Economia di Francesco, a cui fa eco l’esperienza di giovani imprenditori cristiani e non, che il Papa è riuscito a motivare perché l’economia torni ad avere un volto umano, in cui la ricchezza stia più nelle persone che vi partecipano che nei prodotti e nei servizi.
Il sinodo ha delle sue tempistiche. Sta permettendo a tutti di esprimersi e di partecipare. Ma come ogni invito, risente di piccole aperture o addirittura il rischio che rimanga un circuito chiuso agli addetti ai lavori, ai laici cristiani più attrezzati, alle esperienze ecclesiali più sensibili, dimenticando come sia necessario ascoltare non tanto quelli “all’interno” ma quelli all’esterno, secondo la metodologia propria del Maestro: «La gente, chi dice che io sia?».
Oltre a ritornare sul territorio emerge anche la necessità di riprendere a dire qualcosa attorno ai temi che più toccano il cuore delle persone, anche vincendo eventuali timori, resistenze, senso di inferiorità. Ad esempio, è molto forte dentro le famiglie religiose il desiderio di accostarsi, chinarsi, riprendere una dimensione di cammino che vada completando l’obbedienza alle regole e ai consigli evangelici senza annacquare il Vangelo.
Così come è incoraggiante l’impegno dei giovani nei luoghi delle relazioni, dell’assistenza, dell’accoglienza, dei servizi all’umanità che soffre.
Alla luce di queste piccole impressioni la comunità ecclesiale deve osare quel dinamismo che non si ferma dentro contenitori stanchi e impermeabili all’inquietudine, alla ricerca costante del bene comune, alla visione dell’Altro come parte che ci completa e non come destinatario delle nostre azioni.
Il cammino sinodale, nel quale siamo inseriti, porta con sé aspettative di conversione fondamentali per la vita della Chiesa. Non saranno i nostri “piccoli passi” a determinare quella conversione personale e pastorale delle comunità cristiane ma se nessuno inizia, finiremo per restare fermi in attesa che ad iniziare siano gli altri.
Testimoniare la fede partecipando al percorso sinodale non sarà, allora, dare risposte già pronte, ma contagiare l’inquietudine della ricerca e la pace dell’incontro: “Ci hai fatto per te e il nostro cuore è inquieto finchè non riposa in te” (Sant’Agostino, Le Confessioni, 1,1). Accettare l’invito non è risolvere tutte le oscure domande ma portarle a un Altro e insieme con Lui. A Lui è possibile rivolgere con fiducia le parole della bellissima invocazione sempre di Agostino:
Signore mio Dio, unica mia speranza, fa’ che stanco non smetta di cercarTi, ma cerchi il Tuo volto sempre con ardore. Dammi la forza di cercare, Tu che ti sei fatto incontrare, e mi hai dato la speranza di sempre più incontrarTi. (De Trinitate, 15, 28, 51).