“Tu comincia a fare quello che è necessario, poi quello che è possibile. Alla fine, ti scoprirai a fare l’impossibile”. La frase di Francesco d’Assisi citata da Giorgia Meloni nella notte del trionfo, come è ormai noto, Francesco d’Assisi non l’ha mai detta (vedi la risposta del direttore Marco Tarquinio a un lettore su Avvenire del 28 settembre). Va detto, però, che circola impunemente su Facebook da più di dieci anni, ripetuta fino allo sfinimento ogni 4 ottobre. Ed è solo una delle tante citazioni fasulle attribuite al patrono d’Italia. Su internet di falsi di questo genere se ne trovano a bizzeffe: dal tormentone “Chi lavora con le sue mani è un lavoratore. Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un artigiano. Chi lavora con le sue mani e la sua testa e il suo cuore è un artista” a “Fai attenzione a come pensi e a come parli, perché può trasformarsi nella profezia della tua vita”.
Il caso della Preghiera semplice è particolarmente significativo e anche attuale, perché si tratta di una preghiera pacifista divulgata durante la Prima guerra mondiale, quando – proprio come in questi mesi – solo la Chiesa Cattolica si opponeva apertamente al conflitto. Anche essa ha avuto divulgatori illustri: basti pensare che è stata cantata al funerale di Lady Diana, incisa da Claudio Baglioni e citata – tra gli altri – da Madre Teresa di Calcutta, Bill Clinton, Giovanni Paolo II e persino durante la conferenza di San Francisco con cui venne costituito l’Onu. Tutto inizia nel 1912, quando il testo viene pubblicato per la prima volta in Francia, nella rivista ecclesiastica La Clochette, con il titolo Bella preghiera da fare durante la messa. Il 20 gennaio 1916 è pubblicata in italiano su L’Osservatore Romano insieme ad altre preghiere per la pace. Ed è proprio sul fronte della Grande Guerra che cominciano a circolare dei volantini con il testo affiancato all’immagine del santo di Assisi. Nelle prime immaginette viene scritto che questa preghiera “riassume meravigliosamente la fisionomia esteriore del vero seguace di san Francesco” mentre dopo il 1920 si diffonde anche in ambito protestante, dove viene attribuita allo stesso santo.
Se Francesco non c’entra nulla, va detto però che le parole sembrano riecheggiare una fonte francescana come i Detti del beato Egidio: “Beato colui che ama e non desidera essere amato, beato colui che teme e non vuole essere temuto, beato chi si cura degli altri e non vuole cure per sé”.
Se gli intenti originari del santo erano ben più “politici” di quelli che emergono dalla citazione di papa Bergoglio, è però vero che predicare più con le azioni che con le parole è una caratteristica peculiare del santo di Assisi. Tommaso da Celano – suo primo biografo – scrive che “di tutto il corpo faceva lingua” confermando che il “Giullare di Dio” era davvero un giullare, mentre Tommaso da Spalato – che aveva assistito a una sua predica a Bologna – testimonia che il frate non seguiva lo stile dell’Ars predicandi ma quello dell’l’ars concionandi. In altre parole, non parlava come un prete ma come un politico, e le sue prediche erano dei veri e propri “comizi d’amore” – per citare Pier Paolo Pasolini.
Quello che Giorgia Meloni ha detto, dunque, Francesco d’Assisi non lo ha mai detto ma lo ha fatto, e lo ha fatto con un gruppo di balordi e criminali. Che il futuro capo del governo lo abbia ricordato nella notte più importante della sua vita, quindi, è assolutamente opportuno, così come sarà opportuno che lo ripeta quando il suo partito dovesse essere tentato di criminalizzare i poveri e sostituire l’accoglienza e l’integrazione con il “pugno duro” e la discriminazione.
(fonte Avvenire)