di Fra Francesco Chillari – Penetrare dentro il mistero del Natale insieme a Giovanni Testori significa intraprendere un viaggio illuminato dallo Spirito di Dio. Aleggia sulle brevi pagine di questo saggio lo Spirito come a voler far luce dentro la capanna di Betlemme, proiettando riflessioni che, fortemente ancorate alla teologia dell’Incarnazione, la rendono accessibile a tutti, soprattutto per la capacità indiscussa di interpretare le vicende storiche alla luce della fede e di spargere semi di speranza anche dentro l’oscurità della vita.
C’è una frase di Novalis che dice: «La filosofia è propriamente nostalgia: il desiderio di tornare a casa». È questo desiderio che Testori fa suo fino a renderlo intimo allo stesso significato del Natale. Natale è la nostalgia di tornare a casa. «La verità è che l’uomo d’oggi non se lo dice, forse di dirselo ha vergogna, ma sente una terribile nostalgia di tornare a casa; alla casa del Padre. E allora la Madre è lì, con Cristo, a formare la capanna, la casa, la Chiesa. Da lì, credo che l’uomo potrebbe cominciare una riscoperta totale. […] Questo è proprio il momento in cui l’uomo disperato domanda di ritrovare il Natale; di ritrovare la propria nascita; la memoria della propria vera nascita». Lì, in praesepio, contemplando il Cristo fasciato dai panni della nascita possiamo trovare dentro di noi e accogliere il bambino che il Padre ha creato e trovare, ancora, dentro di noi la possibilità della nostra vera innocenza. È un invito, quello di Testori, a riscoprire e riabbracciare, dentro il mistero dell’Incarnazione, la nostra natura di figli e fratelli, perché solo così, riscoprendosi una società veramente di figli e fratelli l’uomo può diventare capanna e presepio per l’altro. «Quella capanna è l’immagine più intima, più profonda e più vera della nostra vera casa. La casa che è fuori di lì, non sapremo mai più cosa sia».
È qui che il nostro autore scandaglia il significato più profondo del Natale, in questa natura di figli che accompagna l’uomo a diventare fratello. «È un cerchio di verità e d’amore, questo, da cui non solo i cristiani ma tutti gli uomini non possono uscire; pena trovarsi immersi nel pantano dell’indifferenza, dell’egoismo, dell’odio e del male». È per questo che trovare e riconoscere il Bambino Gesù, e in Lui il bambino e figlio che siamo, significa non darci più pace, almeno una pace egoistica e mondana. Contemplare il Bambino Gesù non può lasciarci comodamente avvolti nelle nostre sicurezze e indifferenti davanti al fluire della storia; deve scomodarci e gettarci nelle trincee del mondo, per illuminare volti sfregiati, ridestare la vita nel buio della morte, gridare la pace dentro i tormenti della guerra, rinnovare fiducia nell’umano laddove questa è stata deturpata, annunciare la speranza cristiana che promana dalla culla di Betlemme.
Nelle nuove generazioni Testori ripone una grandissima fiducia; in esse e nella speranza che è sottesa a questa età della vita, con risolutezza e con cuore di padre, egli desidera e si sforza di rintracciare i germi presenti del Natale. Nella gioventù, «che vuol costruire e non più distruggere e distruggersi» – scrive Testori – «è la vera luce, la vera, entusiasmante opposizione, la vera, entusiasmante rivolta che il destino ineluttabilmente religioso dell’uomo registri: il destino di continuare ad apparire, a iniziare, a cominciare, a nascere». E noi, spinge ancora Testori, proprio in virtù dell’Incarnazione, abbiamo una responsabilità grandissima nei confronti delle nuove generazioni; sarebbe imperdonabile se non facessimo di tutto per offrire «a questa giovanile novità, a questa giovanile speranza» la possibilità di diventare «evento pieno, piena gloria, pieno onore».
È un Natale, quello di Testori, che ci invita, ancora oggi, a un cristianesimo radicale, di solidarietà e di pietà, che sia in grado di cancellare tutti quei Natali ingordi e privi di perdono, alla fin fine disperati, che forse abbiamo vissuto o che forse stiamo ancora vivendo. Così, con le sue parole ispirate ed accorate, con lo sguardo di Giuseppe e di Maria, dei pastori e dei magi, «inginocchiati qui, davanti alla Tua Capanna, che è la nascita e la consacrazione di ogni nuova famiglia, d’ogni umana terra e d’ogni umana nazione, noi Ti preghiamo. E, prima d’ogni cosa, comunque e sempre, sia fatta, o Signore, la Tua volontà, qualunque essa sia. Perché solo nella Tua volontà è nostra pace».