Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Venerdì della III settimana di Quaresima
Letture: Os 14,2-10 Sal 80 Mc 12,28-34
Riflessione biblica
“Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore” (Mc 12,28-34). Lo “Shema‘” è per i Giudei come il “Credo” per i cristiani. La confessione di fede è il precetto più importante per i credenti. Senza fede in Dio, non c’è amore né a Dio né al prossimo. I due comandamenti dell’amore a Dio e al prossimo sgorgano dalla nostra fede in Dio. Ascoltare Dio è non solo via di saggezza e di intelligenza, ma anche sorgente d’amore. Se si crede in Dio, viene spontaneo di amarlo come lui ci ha amato; inoltre, essendo egli il Padre di tutti, ci dobbiamo amare come fratelli di un’unica famiglia. Amare il prossimo è conseguenza essenziale dell’amore a Dio: “Se uno dice: Io amo Dio e odia suo fratello, è un bugiardo. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede. E questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello” (1Gv 4,20). L’amore, d’altra parte, non è un’astrazione, per questo c‘è un “come amare”. Come amare Dio: “con tutto il cuore”, cioè dal profondo della propria esistenza umana, sorgente del pensare, sentire ed agire; “con tutta l’anima”: con tutta la vita, perché non c’è amore più grande di colui che dona la vita per amore; “con tutte le forze”: tutte le nostre capacità di intelligenza, volontà e sentimento sono protesi a compiere sempre e ovunque la volontà di Dio. Come amare il prossimo: “come se stessi”, amandoci come figli dell’unico Padre: “Se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri” (1Gv 4,11). Meglio ancora come Cristo ci ha amato: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 15,12).
Lettura esistenziale
“Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza” (Mc 12,30). Al centro della fede c’è quello che più di ogni cosa dona felicità all’uomo: amare. Non obbedire a regole né celebrare riti, ma semplicemente, meravigliosamente: amare. Gesù non aggiunge nulla di nuovo rispetto alla legge antica: il primo e il secondo comandamento sono già presenti nell’Antico Testamento. Eppure il suo è un comando nuovo. La novità sta nel fatto che le due parole fanno insieme una sola parola, l’unico comandamento. L’averli separati è l’origine dei nostri mali. Se amo Dio, amo ciò che lui è: vita, compassione, perdono, bellezza. Amerò ogni briciola di cosa bella che scoprirò vicino a me, un atto di coraggio, un abbraccio rassicurante, un’intuizione illuminante, un angolo di armonia. Amerò ciò che Lui più ama: l’uomo, di cui è orgoglioso. Ma amare come? Mettendosi in gioco interamente, cuore, mente, anima, forza. Gesù sa che fare questo è già la guarigione dell’uomo. Perché chi ama così ritrova l’unità di se stesso, la sua pienezza felice: «Questi sono i comandi del Signore vostro Dio. Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica; perché tu sia felice” (Dt 6,1-3). “Non c’è altra risposta al desiderio profondo di felicità dell’uomo, nessun’altra risposta al male del mondo che questa soltanto: amare. Ama il tuo prossimo come te stesso. Quasi un terzo comandamento: ama anche te stesso, insieme a Dio e al prossimo. Come per te ami libertà e giustizia così le amerai anche per tuo fratello, sono le orme di Dio. Come per te desideri amicizia e dignità, e vuoi che fioriscano talenti e germogli di luce, questo vorrai anche per il tuo prossimo. Ama questa polifonia della vita, e farai risplendere l’immagine di Lui che è dentro di te. Perché l’amore trasforma, ognuno diventa ciò che ama” (Ermes Ronchi).