• 14 Maggio 2024 9:48

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Sant’Atanasio

Letture: At 11,19-26; Sal 86; Gv 10,22-30

Riflessione biblica

“Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono” (Gv 10,22-30). Ecco l’identità del cristiano: uno che ascolta la voce di Gesù, è da lui conosciuto, lo segue. Primo requisito del cristiano: ascoltare la voce di Gesù. Per questo, c’è bisogno di avere orecchie che sappiano ascoltare: “Chi ha orecchi, ascolti”. Senza l’ascolto, non possiamo conoscere Gesù; senza conoscere Gesù, non possiamo seguirlo; senza seguirlo, non possiamo avere la vita eterna: “Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita” (Gv 5,24). Ascoltando Gesù, acquistiamo la sapienza del cuore, per mettere in pratica i suoi insegnamenti: “Chi ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia” (Mt 7,24). E “La roccia è Gesù” (1Cor 10,4), per rimanere saldi nella prova e nel dubbio e prestare attenzione alle risonanze interiori che la Parola di Gesù produce in noi. Dall’ascolto nasce la conoscenza: non solo quella intellettuale, per comprendere il messaggio di Gesù, ma la conoscenza del cuore, che ci rende saggi nella verità, operosi nella carità e aperti al futuro di Dio: “Il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza di lui” (Ef 1,17). E tale conoscenza non ci viene dalle nostre capacità umana, ma dalla nostra disponibilità e docilità allo Spirito di Dio: “Dio vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati nell’uomo interiore mediante il suo Spirito” (Ef 3,16). Guidati dallo Spirito di Gesù, non ci basta conoscere il Gesù della storia e neppure quello delle speculazioni più o meno perfette della teologia, ma quella conoscenza di fede, che mi fa “conoscere Gesù, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti” (Fil 3,10). Nel conoscere c’è reciprocità e da essa nasce la sequela: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono” (Gv 10,27). Seguire: è fare il cammino di amore di Gesù, abbracciando ogni giorno la Croce e lasciandoci illuminare dalla luce di Gesù: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12).

Lettura esistenziale

“Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano.” (Gv 10, 27s). Il pastore dà la sua vita per le pecore. Il mistero della Croce sta al centro del servizio di Gesù quale pastore: è il grande servizio che Egli rende a tutti noi. Egli dona se stesso, e non solo in un passato lontano. Nella sacra Eucaristia ogni giorno realizza questo dono di tutto se stesso. Per questo, a buona ragione, il centro e il culmine della vita cristiana è la santa Eucaristia, nella quale il sacrificio di Gesù sulla croce rimane continuamente presente, realmente, tra di noi. E a partire da ciò impariamo anche che cosa significa partecipare all’Eucaristia in modo adeguato: è un incontrare il Signore che per noi si spoglia della sua gloria divina, si lascia umiliare fino alla morte in croce e così si dona a ognuno di noi. A partire dall’Eucaristia impariamo giorno per giorno che non possediamo la nostra vita per noi stessi, ma che siamo chiamati a farne dono. Il Signore ci chiama a donare la vita, non a trattenerla per noi stessi, infatti solo nel dono della nostra vita, la ritroviamo in pienezza. È proprio così che facciamo l’esperienza della libertà. La libertà da noi stessi e dal nostro egoismo. Spesso Cristo viene raffigurato con l’immagine del pastore che porta una pecora sulle sue spalle. Per i cristiani questa figura è con tutta naturalezza l’immagine di Colui che si è incamminato per cercare la pecora smarrita: l’umanità; l’immagine di Colui che ci segue fin nei nostri deserti e nelle nostre confusioni; l’immagine di Colui che ha preso sulle sue spalle la pecora smarrita, che è l’umanità, e la porta a casa. È divenuta l’immagine del vero Pastore Gesù Cristo. Tra le sue braccia troviamo sicurezza e salvezza.