Commento al Vangelo di Fra Giuseppe Maggiore
XIV domenica del Tempo Ordinario
Letture: Ez 2,2-5; Sal 122; 2Cor 12,7-10; Mc 6,1-6
“Chi si crede di essere”. Quante volte lo abbiamo esclamato anche noi dopo aver ascoltato qualcuno che ha semplicemente detto qualcosa che corrisponde a verità scomode che mettono in discussione il nostro modo di essere o di agire. È ciò che capita a Gesù tra la sua gente, i suoi compaesani. Guai a rompere gli schemi del “si è fatto sempre così”. Di Gesù si dice che guarisce, ascolta, consola, compie prodigi. Lui uno senza titoli, che si fa chiamare maestro e non ha mai studiato, che è figlio di un falegname, sua madre è Maria. Uno che insomma gira parlando di amore, fratellanza, che da confidenza agli impuri, che mangia con chiunque… uno che non sa che cosa fare nella vita insomma. Perché ascoltare uno così.
Questi ragionamenti non sono lontani dai nostri che, spesso consideriamo chi ci sta dinnanzi dai titoli di studio. Forse i pregiudizi, l’invidia e la gelosia non ci fanno cogliere ciò che di bello e buono c’è nell’altro. Un cantautore italiano cantava che dai diamanti non nasce nulla dal letame nascono i fior.
Più che concentrarci su chi parla dobbiamo ascoltare ciò che dice. I nazzaretani si sono fermati a giudicare Gesù, non hanno saputo mettersi in ascolto. Oggi non mancano i profeti, il problema è che non li vogliamo ascoltare… perche scomodi e rompiscatole.
Non vi preoccupate se anche a voi la gente che vi sta vicino vi dirà: “chi ti credi di essere”, se vi rifiuta o vi fanno terra bruciata. Ciò che deve risaltare nella nostra vita è il rapporto personale con la Parola di Dio. “La fede viene dall’ascolto e l’ascolto riguarda la parola di Cristo” (Rm 10. 17). Ma per ascoltare abbiamo bisogno del silenzio e della solitudine, luoghi fondamentali per assimilare la Parola di Dio che parla inequivocabilmente attraverso tanti modi e in tutti i mezzi. Parla attraverso i profeti, nella Scrittura ispirata, per mezzo dei ministri, dei genitori, per mezzo della gente semplice, parla per mezzo di chi lascia entrare lo Spirito del Signore in se si abbandona all’ascolto del Verbo Incarnato.
Con il battesimo ognuno di noi è chiamato ad essere profezia. Il profeta non è un veggente, ma è colui che sa ascoltare il Signore e sa incarnare la Parola in un mondo che, più che con il cuore e la ragione agisce secondo una logica prettamente umana impregnata dall’egoismo e dal protagonismo. Vede nell’altro un nemico e non un fratello da accogliere, amare e perdonare, ma da sfruttare per il proprio tornaconto.
Dio però non si arrende mai alle nostre ostinazioni e continua imperterrito il suo corso, contro ogni possibile ostacolo. Come al profeta Ezechiele (I lettura) che viene inviato a un popolo abbastanza refrattario e ostile, anche a noi dice: “Ascoltino o non ascoltino, sapranno che un profeta è in mezzo a loro”. Un impegno in più ad non essere semplicemente credenti ma credibili.
Buona domenica!