• 2 Maggio 2024 6:56

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Con Francesco alla scoperta di Dio e dell’uomo: la povertà dell’Incarnazione

Quarto appuntamento  “Con Francesco d’Assisi alla scoperta di Dio e dell’uomo” che ci aiuta a conoscere meglio la figura del Poverello attraverso un lavoro di Fra Arturo Milici Frate Minore che attualmente è inserito nella Fraternità di Ravanusa. Con questa meditazione ci aiuta meglio ad entrare nel mistero dell’Incarnazione in modo da vivere bene il Natale di Gesù

Fra-arturo-266x300 Con Francesco alla scoperta di Dio e dell’uomo: la povertà dell’Incarnazionedi Fra Arturo Milici – “E ti rendiamo grazie, perché come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, così per il santo tuo amore, con il quale ci hai amato, hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergine beatissima santa Maria, e per la croce, il sangue e la morte di Lui ci hai voluti redimere dalla schiavitù” (Rnb XXIII,3: FF 64). Il rendimento di grazie di Regola non bollata XXIII continua, dopo la breve constatazione della caduta, e si apre alla contemplazione dell’opera divina nella redenzione del genere umano. È significativo che Francesco richiami ancora la creazione come preparazione o parallelo della redenzione: “come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, così…”. La salvezza dell’umanità è frutto dell’unico mistero pasquale di Cristo, che si articola nei due momenti dell’Incarnazione e della Passione. Proprio i due momenti, le due facce dell’unico mistero che, stando alla testimonianza del suo primo biografo, più innamoravano il cuore di Francesco:“Meditava continuamente le Sue parole e con acutissima attenzione non ne perdeva mai di vista le opere. Ma soprattutto l’umiltà dell’Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente voleva pensare ad altro” (1Cel 84: FF 467).francesco-1-141x300 Con Francesco alla scoperta di Dio e dell’uomo: la povertà dell’Incarnazione

L’umiltà dell’Incarnazione, innanzi tutto. “Per il santo tuo amore, con il quale ci hai amato, hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergine beatissima santa Maria”. Possiamo leggere queste parole di Rnb XXIII,3 in parallelo con un altro passo di Francesco, l’inizio del capitolo I della II Lettera ai fedeli (2Lf I: FF 181-185):

“⁴L’altissimo Padre celeste, per mezzo del santo suo angelo Gabriele, annunciò questo Verbo del Padre, così degno, così santo e glorioso, nel grembo della santa e gloriosa Vergine Maria, e dal grembo di lei ricevette la vera carne della nostra umanità e fragilità. ⁵Lui, che era ricco sopra ogni altra cosa, volle scegliere in questo mondo, insieme alla beatissima Vergine, sua madre, la povertà” (2Lf I,4-5: FF 181-182).

L’Incarnazione del Verbo è descritta plasticamente, quasi come in un’iconostasi bizantina, nell’annuncio dell’Angelo a Maria. Ma colui che annuncia il Verbo, in realtà, è il Padre; è Lui la fonte di tutto il movimento della scena. Il Verbo eterno si abbassa, si umilia, si rimpicciolisce, si spoglia della Sua infinita ricchezza, e discende nel grembo della Vergine. Insieme a lei, sceglie di vivere povero in questo mondo. L’Incarnazione è letta come mistero di estrema povertà. Dio si fa uomo: sta qui la radice più profonda, l’essenza cristologica della povertà francescana. Nel Cristo povero, come vedremo più avanti, tutto l’uomo ritorna povero, e riattinge finalmente alla beatitudine originaria, alla grazia precedente il peccato di appropriazione.

Dalla Vergine il Verbo assume “la vera carne dell’umanità e fragilità nostra”: “veram recepit carnem humanitatis et fragilitatis nostrae” (2Lf I,4). Ogni parola ha un peso.

  • crocifisso-300x207 Con Francesco alla scoperta di Dio e dell’uomo: la povertà dell’Incarnazione“La vera carne”. Francesco riafferma la dottrina della tradizione ecclesiale sulla vera Incarnazione di Cristo: si tratta di un fatto reale, storico, concreto, e non di un’apparenza, come sostenevano antiche e nuove eresie dualistiche, tra cui soprattutto i Catari nel XIII secolo. Ma oltre che alle devianze dottrinali del suo tempo, la parola di Francesco sembra rispondere anche ad alcune opposte tendenze della nostra cultura contemporanea. Da un lato, infatti, la mentalità edonista dei giorni nostri spesso riduce la carne, il corpo umano, a strumento sessuale di seduzione, di possesso dell’altro o di tentata affermazione di sé.  D’altro lato, in ambienti superficialmente religiosi, spesso la corporeità umana è vista in sé e per sé (talvolta sulla base di un travisamento del linguaggio e della teologia di S. Paolo) come occasione di peccato e di distanza da Dio: viene così riproposta, seppure inconsapevolmente, la vecchia eresia dualista. In entrambi i casi, la carne è dunque interpretata e vissuta in opposizione alla vita spirituale, alla relazione con Dio. E invece la vera carne di Cristo, predicata da Francesco, sta lì a rivelare e a ricordare a tutti l’autentico valore del nostro corpo: luogo teologico di incontro con Dio, punto decisivo di contatto tra l’uomo e il Verbo incarnato, a immagine del quale esso – il corpo umano – è stato creato (cfr Adm V,1).
  • francesco-1-300x196 Con Francesco alla scoperta di Dio e dell’uomo: la povertà dell’Incarnazione“Dell’umanità”. Quella assunta dal Verbo è “vera carne della nostra umanità”, proprio della nostra stessa natura umana, come da sempre la Chiesa ha creduto, insegnato e pregato. E’ il mistero di Cristo “vero Dio e vero uomo”, come professa ancora Rnb XXIII,3, mistero fondamentale della fede cristiana. Mistero che tuttavia, nel corso della storia della Chiesa, a più riprese è stato contestato o rifiutato dalle varie eresie cristologiche. Alcune di esse intaccavano la Sua divinità, altre la Sua umanità. Tali dottrine eterodosse apparvero e si diffusero perlopiù in epoca antica e medievale; tuttavia se ne possono ravvisare degli strascichi, ancora, in varie espressioni religiose e culturali del mondo moderno e contemporaneo. Francesco, saldamente ancorato alla tradizione biblica e cattolica, contempla l’umanità del Cristo e ne fa il cuore della propria spiritualità, della propria teologia, della propria antropologia.
  • francesco-2 Con Francesco alla scoperta di Dio e dell’uomo: la povertà dell’IncarnazioneE della fragilità nostra”. Il Verbo fatto carne, fatto uomo, si è addirittura fatto fragile; la contemplazione di Francesco arriva a cogliere il mistero di Cristo nel Suo abbassamento, nella Sua kenosis, fino a questo punto estremo. Gesù ha vissuto tutto ciò che è autenticamente umano, ossia anche il nostro limite antropologico – è questa la sconvolgente, buona notizia proclamata dal Poverello. Solo il peccato non ha avuto spazio nell’esperienza personale, nelle scelte morali del Verbo incarnato; quel peccato che, del resto, non faceva parte del progetto divino sull’umanità. Mai ha peccato Gesù, eppure è stato veramente fragile. Sì, perché ben diversa è la fragilità dal peccato (anche se spesso tendiamo erroneamente a identificare, a confondere le due realtà). Il peccato, come abbiamo visto, è essenzialmente disobbedienza al Creatore, rottura libera e volontaria della relazione con Lui, indebita appropriazione dei Suoi doni (cfr Adm II). L’umana fragilità, invece, è semplicemente quella sensazione esistenziale di non-pienezza, di non-senso che spesso si sperimenta nel cammino della vita, indipendentemente dalla nostra volontà e dalle nostre scelte. Essa può assumere di volta in volta il carattere di debolezza, di frustrazione, di esasperazione, di disgusto della vita, o anche quello più spirituale di tentazione. francesco-3-300x195 Con Francesco alla scoperta di Dio e dell’uomo: la povertà dell’IncarnazioneSpesso è proprio la fuga dalla propria fragilità, il non accettarla e il non assumerla, che porta l’uomo a scegliere il peccato. In ogni caso la fragilità non è peccato, né costituisce di per sé distanza o allontanamento da Dio. Ma l’intuizione di Francesco va ben oltre: non solo non è un male, la nostra fragilità, ma addirittura è un bene, una grazia particolare. Essa si rivela luogo esistenziale privilegiato di unione con la concreta umanità del Cristo. In ogni umana fragilità – non nel peccato – si manifesta la Sua umana fragilità. Di Gesù tentato dal demonio nel deserto; di Gesù interiormente diviso nell’agonia del Getsemani; di Gesù abbandonato dal Padre (nel senso che tale si è sentito, e l’ha detto) sulla croce. Gesù fragile, vulnerabile, ed effettivamente ferito, piagato, colpito a morte: “per le Sue piaghe noi siamo stati guariti” (Is 53,5; cfr 1Pt 2,24).

Articoli precedenti:

  1. Francesco nel suo contesto storico
  2. Francesco e i suoi scritti

  3. L’uomo davanti a Dio

  4. La creazione, famiglia universale