• 4 Maggio 2024 6:46

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

San Leone Magno

Letture: Rm 15,14-21; Sal 97; Lc 16,1-8

Riflessione biblica

“Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza” (Lc 16,1-8). Gesù non ha lodato l’incompetenza dell’amministratore, ma la “scaltrezza” con cui ha agito vedendosi in pericolo. Egli agì con saggezza, prudenza e accortezza. Così dobbiamo essere anche noi: nella vita spirituale ci vuole realismo, accortezza e prontezza nel deciderci a vivere secondo il progetto di Dio, a lasciarci guidare dal suo Spirito. L’ambivalenza, l’incoerenza, l’indecisione non ci aiutano a crescere e ad agire secondo lo Spirito. Paolo ce lo ricorda: “Non siate sconsiderati, ma siate ricolmi di Spirito” (Ef 5,17-18). Ed è nello Spirito che dobbiamo valutare le ricchezze di questo mondo: anche se possono essere uno strumento di perdizione, possono anche divenire strumento di bene: “Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne” (Lc 16,9). Il problema non è la ricchezza, ma il cuore: “Non confidate nella violenza, non illudetevi della rapina; alla ricchezza, anche se abbonda, non attaccate il cuore” (Sal 62,11). Se il cuore non si fa sedurre dai beni di questo mondo e si impegna nell’amore al prossimo, la ricchezza può divenire occasione di progresso spirituale e di testimonianza di amore a Dio e al prossimo. Seguiamo Gesù e il suo insegnamento di amore per i poveri e i bisognosi: non poniamo la nostra fiducia nelle ricchezze di questo mondo, ma in quel “tesoro dei cieli” che erediteremo se siamo stati fedeli nel poco. L’ideale di Gesù non consiste tanto nello spogliarsi dei propri beni, quanto nel far servire i propri averi a favore dei poveri, in maniera che tra i discepoli di Gesù non vi siano ricchi che sperperano e poveri che muoiono di fame. Attraverso la spogliazione dei beni e la condivisione di essi con i poveri, il discepolo diviene come Gesù, servitore dei fratelli nella carità.

Lettura esistenziale

“Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce” (Lc 16, 8). Come sempre il Signore trae spunto da fatti di cronaca quotidiana: narra di un amministratore che sta sul punto di essere licenziato per disonesta gestione degli affari del suo padrone e, per assicurarsi il proprio futuro si ingegna per trovare una soluzione ed escogita un’ultima disonestà: cerca di ottenere dei favori avvantaggiando i debitori del padrone, nella speranza che si ricordino di lui. E’ certamente un disonesto, ma astuto: il Vangelo non ce lo presenta come modello da seguire nella sua disonestà, ma come esempio da imitare per la sua previdente scaltrezza. Se per tutta la vita ha preso per sé, alla fine per salvarsi la vita condona agli altri. E, incredibilmente, il padrone loda la scaltrezza dell’amministratore disonesto. È questa la scaltrezza che deve avere un peccatore che si converte. Infatti Gesù sembra suggerire che la vera furbizia non è accumulare ma donare, perché solo il dono ci salva il futuro. “La carità copre una moltitudine di peccati” (1Pt 4, 8) dirà S. Pietro, memore di questo insegnamento del Signore. Potremmo allora dire, che per mezzo delle ricchezze terrene dobbiamo procurarci quelle vere ed eterne: se infatti si trova gente pronta ad ogni tipo di disonestà pur di assicurarsi un benessere materiale sempre aleatorio, quanto più noi cristiani dovremmo preoccuparci di provvedere alla nostra eterna felicità con i beni di questa terra. Ora, l’unica maniera di far fruttificare per l’eternità le nostre doti e capacità personali come pure le ricchezze che possediamo è di condividerle con i fratelli, mostrandoci in tal modo buoni amministratori di quanto Iddio ci affida.