• 4 Ottobre 2024 12:47

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

di Francesco PolizzottiNon era proprio questo il disegno del femminismo ma nemmeno quello delle pari opportunità tanto richiesto nelle istituzioni. Ci sono state stagioni in cui abbiamo avuto davvero delle donne al potere, capaci di affrontare problemi seri del nostro paese, parlamentari, ministri e cariche dello stato capaci di interpretare con diligenza e onore gli incarichi a cui furono chiamate senza alcun timore o senso di inferiorità rispetto ai colleghi uomini. Non occorre scomodare la storia. Se pensiamo alle donne della nascente Repubblica così come ministre timorose solo di non rispettare il mandato ricevuto nei governi a cui partecipavano.
Oggi invece assistiamo a due sorelle che replicando il peggior carattere istituzionale, forse più dei colleghi maschi, giocano a nominare persone non proprio splendenti di quel merito tanto sbandierato dalla destra. Basta essere amici, parenti, servi muti per ottenere un posto in un’Autorithy, in un CDA, in un gabinetto importante.
Sono finiti i tempi di Gianni Letta e di Berlusconi che comunque ambiva ad avere nei posti chiave persone competenti. Poi magari si contestavano le scelte ma i CV c’erano, così come c’era una certa collegialità tra i partiti.
Le persone nominate non partecipavano ad eventi politici, non facevano melina con il governo nelle uscite istituzionali e anche uno come Clemente Mimum alla Rai, sembrava fare giornalismo bipartisan. Il Melonismo non è come il Berlusconismo. Meloni ci sta dando tanti ragazzi di borgata ma non persone dalle umili origini di cui potremmo sempre vantarci ma persone dal linguaggio limitato, dalle avventate teorie e dalle stentate misure.
Con il governo Meloni si è dato ampia applicazione a quello che Furio Abbate chiama amichettismo un insieme chiuso di relazioni per lo più interessate in cui ogni dialettica e giudizio propri cancellati, in nome di una ricattatoria complicità persistente di tipo tardoadolescenziale. Che Giorgia Meloni non ambisca ad un profilo maturo si vede nelle sue uscite pubbliche, dove – al pari di Silvio Berlusconi –  si fa notare più per le proprie espressioni facciali, i fuori onda, che per le proprie proposte o discorsi. Ma mentre Silvio Berlusconi costruiva relazioni internazionali, cogliendo anche gli eventi e usando le proprie influenze per collocare l’Italia in un determinato ambito di influenze, Giorgia Meloni vive dentro una “campana di vetro” fatta di cortigiani, messi, uomini che le riconoscono una mascolinità al governo di cui lei va fiera.
Meloni gode di una fase politica in cui non è chiaro il ruolo dei partiti nella vita pubblica, soprattutto per le opposizioni la cui visibilità è spesso ricercata nelle campagne referendarie e di raccolta firme.
Ma qualcosa si muove attorno al governo. Esaurita l’ambizione di contare in Europa, concluso il ciclo economico favorevole e frutto dei governi precedenti, la prossima finanziaria vedrà per la prima volta uscire allo scoperto i veri provvedimenti del governo. Già in queste settimane le prime scivolate del governo: stretta sulle donne e ripensamento sul bonus mamme. Cosa prometteva la Meloni? “Dio, patria e famiglia”, “Interventi a sostegno della natalità”, “Un fisco a misura di famiglia”, ricorda Luciano Nobili di Italia Viva. “Belle chiacchiere, utili per prendere i voti, poi c’è la realtà, dice Nobili. E la realtà è questa. Prima ha dimezzato i posti in nidi e materne da realizzare con le risorse PNRR e ora cancella gli sgravi fiscali alle mamme lavoratrici con due figli. Il governo guidato dalla prima donna premier è contro le donne”.