• 4 Maggio 2024 2:36

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Frati Minori: la presenza francescana in Marocco all’insegna del dialogo

Una Chiesa che sappia dialogare con la gente del luogo e che sappia prendersi cura della minoranza cristiana dei migranti: questa è la chiamata a cui hanno risposto i frati che operano in Marocco. Crocevia di popoli e snodo chiave per la rotta dei migranti che da diversi luoghi vogliono raggiungere l’Europa, il Marocco è oggi anche luogo di approdo per giovani studenti provenienti da tutta l’Africa e per lavoratori dal sud est asiatico. Da 800 anni i frati francescani vi operano, dal tempo di San Francesco quando, all’inizio dell’inverno del 1219, cinque frati giunsero a Marrakech per una missione, che si concluse con il loro martirio. Oggi è presente una comunità internazionale di 21 frati, provenienti da 12 paesi, distribuiti in sei fraternità a Rabat, Marrakech, Meknès, Larache, Tétouan e Tangeri. A raccontarlo è Fr. Stéphane Delavelle, eletto lo scorso aprile alla guida della Custodia dei Protomartiri in Marocco. Gli altri frati presenti sono originari di Brasile, Filippine, Spagna, Congo, Polonia, Italia, Francia, Filippine, Messico, Costa Rica, Croazia, Colombia e sono impegnati quotidianamente su diversi fronti al servizio della gente. Accompagnano quattro parrocchie e tre centri culturali, partecipano all’animazione della Caritas, visitano le carceri e animano diverse cappellanie. Sostengono, inoltre, anche il monastero delle Clarisse di Casablanca, affiliato all’Ordine dei Frati Minori dal 16 maggio 2019.

Marrakech-18 Frati Minori: la presenza francescana in Marocco all'insegna del dialogoFr. Stéphane vive in Marocco da dieci anni. “Oltre alla preghiera e alla vita fraterna, quello che facciamo qui da noi è un dialogo che si realizza ogni giorno nella nostra vita – racconta -. Il 99 per cento della popolazione è musulmano, ci sono circa 4000 ebrei e solo 39mila cristiani. Significa che siamo solo lo 0,1 per cento della popolazione”. I francescani cercano così di entrare in contatto con la popolazione musulmana attraverso dei centri culturali, che sono luoghi di formazione e incontro, più che università. Il successo di questi poli di formazione quasi del tutto gratuiti è testimoniato dai numeri, come afferma Fr. Stéphane: “Prima  del Covid, in uno dei centri avevamo 1900 studenti, 40 professori e  solo 106 sedie”.

I francescani si occupano poi di animare le parrocchie che contano circa 250 fedeli ogni domenica. “I parrocchiani sono tutti giovani, la maggioranza sono studenti che vengono dai paesi africani – afferma il frate -. Il futuro dell’Africa è qui. Per loro che hanno perso tutti i riferimenti e sono lontani da casa, la chiesa è come un’isola nel mezzo dell’oceano”. Vengono dall’Africa, dalle isole del pacifico, da Haiti, beneficiano di borse di studio e si incontrano con i lavoratori temporanei di provenienza europea, statunitense o anche filippina.

A Marrakech i frati della parrocchia sono impegnati nella pastorale destinata a turisti, studenti, lavoratori migranti. A Rabat, invece, la pastorale deve raggiungere soprattutto fedeli di lingua inglese che sono lavoratori filippini o nigeriani. Anche la lingua spagnola è molto usata, soprattutto per la pastorale di coloro che si trovano reclusi nelle carceri e che i frati vanno a visitare. A Meknes la comunità francescana, che sorge nel centro città, si occupa di un centro di formazione con circa 1800 studenti, i professori, la vita di quartiere. Una piccola fraternità di due frati mantiene invece la presenza francescana a Larache, vicino al mare. A Tangeri i frati sono al servizio di due chiese con fedeli di lingua spagnola e delle dieci comunità di suore lì presenti.

“L’aiuto umanitario che offriamo è spesso di emergenza – racconta Fr. Stéphane -. Sono tanti i minori che transitano in Marocco con la speranza di poter andare altrove. Capita spesso che, dopo qualche mese dal loro arrivo e dopo aver finalmente accettato di iniziare una nuova vita o un nuovo percorso formativo, decidano di partire all’improvviso. Se sentono che c’è una possibilità concreta di passare la frontiera ed arrivare in Europa, lasciano tutto e partono. Per loro l’unica prospettiva è di passare dall’altra parte”. Del resto il Marocco è un paese di transito, ma per molti un estremo tentativo di raggiungere l’Europa può essere fatale. “Tanti muoiono per mare – continua il frate -. Non c’è più posto nei cimiteri cristiani per i corpi dei defunti ed è difficile per tutti assistere a questa situazione”. I frati da parte loro cercano di continuare a vivere tra la gente e stare loro accanto anche nei momenti difficili. “A Meknes, per esempio, il nostro convento è in una piccola strada nella medina. Viviamo con poco e la gente vede che viviamo con loro, come loro”.

Mekne%CC%80s01-1 Frati Minori: la presenza francescana in Marocco all'insegna del dialogoI forti legami che si creano con la gente vanno al di là delle differenze e delle religioni, quando si lascia lo spazio per lasciarsi interrogare dalla fede degli altri. “Nel mio cammino personale ho riscontrato che posso imparare dagli altri – spiega Fr. Stéphane -. E’ importante lasciarsi cambiare dalla fede dell’altro ed è una forma di amicizia profonda prendere esempio dalla fede dell’altro”.

Essere missionari in un paese a maggioranza musulmana è una vocazione, che richiede anche la disponibilità a offrirsi per le necessità che si presentano quotidianamente. “Abbiamo bisogno di frati maturi, che testimonino con la propria vita la fede, e siano disposti ad imparare il francese, lo spagnolo e l’arabo – continua Fr. Stéphane -. Dobbiamo entrare nella logica che le cose che crediamo devono diventare esistenziali. Qui non dobbiamo pensare a essere efficienti o efficaci, ma dobbiamo saper vivere in piccole comunità che mantengano una presenza cristiana. Mi piace che questa sia per me una sfida permanente. Qui in Marocco sicuramente non troveremo il riconoscimento per ciò che facciamo e non vedremo i risultati della nostra azione nelle persone che partono all’improvviso e non tornano più. Per questo è difficile rimanere se non si ha la speranza. Siamo parte di una fraternità internazionale e io ne sono molto contento”.

(fonte: ofm.org)