Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Sabato della II settimana di Quaresima
Letture: Mi 7,14-15.18-20 Sal 102 Lc 15,1-3.11-32
Riflessione biblica
“Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo” (Lc 15,1-3.11-32). Gesù sta con i peccatori: fedele al suo programma di salvezza: “Io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori perché si convertano” (Lc 5,32). Essi sentivano la sua vicinanza, si sentivano compresi e amati: “In questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1Gv 4,10). Una cosa sola ci è chiesta: convertirci, lasciare che la sua misericordia tocchi il nostro cuore, agisca in esso e lo trasformi. Siamo figli del Padre celeste: figli un po’ particola-ri, ma da lui amati: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). E la parabola del “Padre misericordioso” ci interpella: a volte siamo “figliol prodigo”: amanti della libertà fino al libertinaggio e all’arbitrarietà; a volte “figlio maggiore”: brontoloni perché non riceviamo questa o quell’altra grazia, pronti a puntare il dito contro di lui perché vorremmo che egli facesse la nostra volontà. In ogni caso, siamo bisognosi della sua misericordia: “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati” (Ef 2,4-5). Egli ci guarda con pazienza e ci attrae: “con legami di bontà, con vincoli d’amore, come chi solleva un bimbo alla sua guancia, si china su di lui per dargli da mangiare.” (Os 11,4). Dio è nostro Padre, ci ama senza misura, ci riabilita come figli e ci rende liberi e padroni di pensare e operare nella verità e nell’amore. Afferrati dall’amore del Padre e purificati dal sangue di Cristo, “non conformiamoci a questo mondo, ma lasciamoci trasformare rinnovando il nostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rom 12,2).
Lettura esistenziale
“Disse ancora: «Un uomo aveva due figli»” (Lc 15,11). L’obiettivo di questa parabola nota come la parabola del figlio prodigo o meglio del padre misericordioso è precisamente quello di farci cambiare l’opinione che nutriamo su Dio. Il più giovane dei figli lascia la casa paterna in cerca della felicità nelle cose, ma si accorge che le cose hanno un fondo e che il fondo delle cose è vuoto. Il prodigo si ritrova un giorno a pascolare i porci: il libero ribelle è diventato un servo, a disputarsi il cibo con le bestie. Allora ritorna in sé, dice il racconto, chiamato da un sogno di pane (la casa di mio padre profuma di pane…). Non torna per amore, torna per fame. Non torna perché pentito, ma perché ha paura e sente la morte addosso. Ma a Dio non importa il motivo per cui ci mettiamo in viaggio. È sufficiente che compiamo un primo passo. L’uomo cammina, Dio corre. L’uomo si avvia, Dio è già arrivato. Infatti: il padre, vistolo di lontano, gli corse incontro… E lo perdona prima ancora che apra bocca, di un amore che previene il pentimento. Il tempo della misericordia è l’anticipo. Si era preparato delle scuse, il ragazzo, continuando a non capire niente di suo padre. Niente di Dio, che perdona non con un decreto, ma con una carezza (Papa Francesco). Con un abbraccio, con una festa. Senza guardare più al passato, senza rivangare ciò che è stato, ma creando e proclamando un futuro nuovo. E non ci sono rimproveri, rimorsi, rimpianti. Il Padre infine esce a pregare il figlio maggiore, alle prese con l’infelicità che deriva da un cuore non sincero, un cuore di servo e non di figlio, e tenta di spiegare e farsi capire, e alla fine non si sa se ci sia riuscito. Un padre che non è giusto, è di più: è amore, esclusivamente amore. Allora Dio è così? Così eccessivo, così tanto, così esagerato? Sì, il Dio in cui crediamo è così. Immensa rivelazione per cui Gesù darà la sua vita (Ermes Ronchi).