Commento di Fra Marcello e Tiziana Frigione
Lunedì della XIV settimana del Tempo Ordinario
Letture: Gen 28,10-22; Sal 90; Mt 9,18-26
Riflessione biblica
“Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò salvata”. Tutti e tre gli evangelisti (Mc 5,21-43; Mt 9,18-26; Lc 8,40-56) hanno questo intreccio di miracoli: la donna guarita dal suo flusso di sangue e la risurrezione della figlia del caposinagoga, Giairo (Mc 5,22; Lc 8,41). Anche in questo episodio non si parla tanto di “guarigione” e neppure di “risurrezione”, ma di “salvezza”. Gesù è il Salvatore di tutti gli uomini: in lui si avvera la profezia di Sofonia: “Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia” (Sof 3,17) e il canto di Zaccaria: “Ha suscitato per noi un Salvatore potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva detto per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo” (Lc 1,69-70). È fede quella di Giairo, il caposi-nagoga che dinanzi alla morte della sua figliola si rivolge a colui che è la vita: “In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini” (Gv 1,4). È fede quella della donna che soffre nel corpo, ma ancor più nella sua solitudine esistenziale e religiosa. È fede in Gesù, che ha misericordia verso coloro che soffrono: “Accostiamoci con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno” (Ebr 4,16). E la fede è, in primo luogo, fiducia nella potenza del Signore Gesù, che “passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui” (At 10,38). E credere che in lui abbiamo quella salvezza, che rende sicuri i nostri passi e ci fa accettare anche le sofferenze della vita: “Ecco, Dio è la mia salvezza; io avrò fiducia, non avrò timore, perché mia forza e mio canto è il Signore; egli è stato la mia salvezza”. Come Giairo e la donna salvata, nei momenti di difficoltà diciamo al Signore: “Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura?” (Sal 27,1).
E fondiamo la nostra fede in Gesù, “mia roccia, mia fortezza, mio liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio; mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo” (Sal 18,3).
Lettura esistenziale
Gesù sta compiendo gesti di vita, sta ancora parlando di vita, durante il banchetto, del vestito nuovo, del vino nuovo, quando arriva Giairo, il responsabile della sinagoga di Cafarnao ad interrompere bruscamente la gioia di quel momento con una notizia terribile, la morte della figlia dodicenne:“Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà.”
Nella morte Giairo cerca Gesù, in quel “ma”, esprime la sua fede nella salvezza, chiede il gesto dell’imposizione delle mani, aggrappandosi a ciò che conosce, i riti religiosi, prima di scoprire che Gesù prenderà per mano la sua bambina, con tenerezza ed intimità, per riportarla alla vita. “Ma vieni”, e subito Gesù si alza, va dietro di lui, perché di fronte alla nostra miseria si scuote la sua misericordia e di fronte alla nostra morte lui si sveglia, ci segue fin dentro la nostra morte, per toccarci e farci vivere, risorgere in lui.
Anche una donna cerca Gesù, è considerata impura, a causa di una emorragia, con il sangue sfugge via la sua vita, si perde, è emarginata, ma nel cuore ha un profondo sentimento di adorazione per Gesù , la certezza , apparentemente irrazionale, dettata solo dalla fede, di poter guarire toccando un lembo del suo mantello, è essenziale , determinante per lei. “Gesù, voltatosi, la vide e disse: Coraggio, figlia, la tua fede ti ha guarita.”
In quel tocco di fede fiorisce la salvezza, la relazione con Gesù, che va oltre la guarigione fisica. Gesù è tutto orientato verso di lei: sguardo, attenzione, compassione, comprensione, amore, parola. Esprime tutta la sua umanità ed anche noi, toccando proprio l’umanità di Gesù, tocchiamo Dio. Insieme al dolore per la morte della figlia di Giairo, Gesù incontra un falso sentire, che si esprime nella gente, che rimanda all’idea della morte come di qualcosa di assoluto, di drammatico, di tragico, incontra la derisione, ma lui spezza la logica della morte : “Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta, ma dorme.”
Gesù ci dice che la morte è riposo dopo la fatica della vita, è il riposo prima del risveglio. La realtà della malattia e della morte irrompono nella nostra vita, sono terribili, ci causano impotenza, frustrazione, sofferenza , emarginazione, rifiuto, perdita di ogni progettualità.
Anche noi possiamo cercare Gesù, nella nostra morte, dirgli “ma…vieni”, toccarlo con nel cuore tutta la fede di cui siamo capaci, tutto il resto lo farà lui, e qualunque cosa sia, ci darà una fede sempre più grande per accogliere ogni cosa.