• 29 Aprile 2024 21:36

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

«La migrazione non è un’emergenza, non un problema da risolvere, ma una realtà da governare nella sua complessità». La Caritas italiana risponde così al governo, sulla linea tracciata dal presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi. Lo fa da Salerno, al convegno nazionale numero 43 delle Caritas diocesane, dedicato “Agli incroci delle strade. Abitare il territorio, abitare le relazioni” in corso fino al 20 aprile, attraverso il presidente dell’organismo pastorale Carlo Roberto Maria Redaelli, arcivescovo di Gorizia. Che rivendica subito la funzione di advocacy, di voce degli ultimi.

«La migrazione non è una emergenza – afferma – ma una realtà con cui fare i conti con lucidità, realismo e capacità innovativa. Non è un problema da risolvere, ma una realtà da governare nella sua complessità, dando attenzione ai diversi valori. Alla vita delle persone, ossia se uno sta morendo va salvato; alla loro dignità, al desiderio di pace, giustizia e di un cammino di vita migliore. Sul tema dell’integrazione vorremmo che i migranti fossero tutelati e non limitati dalle leggi. Serve poi un lungo e paziente lavoro per eliminare le cause delle migrazioni forzate».

All’incontro partecipano 660 delegati in rappresentanza di 173 diocesi. Come Caritas, ha detto l’arcivescovo, «vogliamo essere al servizio dei poveri, farci voce verso le istituzioni e le Chiese a nome loro. Importante è avere una grande attenzione non per indulgere necessariamente alla denuncia, ma per essere una realtà attiva sul tema della revisione del reddito di cittadinanza, sulla perdita del lavoro o la fatica ad inserirsi nel mondo lavoro, sulla situazione di povertà cronicizzata che richiede un intervento complessivo».

Anche il presidente dei vescovi campani, Antonio Di Donna, ha respinto il concetto di emergenza migranti stabilito per decreto dall’esecutivo. «Si parla di invasione – ha ribadito – ma c’è la disonestà intellettuale di non stare nemmeno ai dati scientifici che vengono portati». Il vescovo di Acerra ha inoltre ribadito la questione ambientale, che non è problema solo della Campania con la morte di giovani e adulti

nella Terra dei fuochi. «In Italia vi sono più di 50 siti inquinanti equamente distribuiti al nord, al centro e al sud, per cui il nostro cammino può essere utile, un modello per altre zone d’Italia che si trovano a lottare contro l’inquinamento ambientale».

Esprimendo l’ammirazione di tutta la Chiesa italiana per la Caritas e per quello che fa («non si può amare quel che non si ammira») il segretario generale della Cei, l’arcivescovo di Cagliari Giuseppe Baturi, ha invitato le diocesi ad allargare attraverso l’Eucarestia l’opera della carità ad altre Chiese in Libano, Siria e Africa.

«L’opera della Caritas si mostra bella nell’accendere l’opera della carità nelle singole comunità. Ma chi aiuta malati e indigenti non può non aprirsi all’impegno sociale politico per costruire un mondo e uno sviluppo nuovo». Occorrono per questo «visioni ampie mettendo insieme chi può ragionare del nuovo modello di sviluppo». Occorre stimolare la partecipazione «senza la quale c’è un problema di democrazia».

Si sposta sui territori del Mezzogiorno per proporre nuovi modelli chiedendo di investire sul Terzo settore Carlo Borgomeo, dal 2009 presidente di Fondazione con il Sud, che lascerà nelle prossime settimane. E, forte della sua lunga esperienza con il Terzo settore del sud, stabilisce il punto di partenza.

«La Caritas costituisce la più rilevante rete di infrastrutturazione sociale nel Mezzogiorno – sostiene Borgomeo, che tra le varie esperienza vanta la elaborazione e l’avvio del Progetto Policoro, accanto a don Mario Operti – e la mia tesi è che per lo sviluppo dei nostri territori bisogna finalmente convincersi che non può esserci sviluppo solido e duraturo senza una sufficiente dotazione di capitale sociale».

I dati sono argomenti testardi. Al momento della istituzione della Cassa per il Mezzogiorno nel 1950, si assunse infatti l’obiettivo di una sensibile riduzione del divario Nord Sud. «Ma in 72 anni, fatto cento il Pil pro capite di un cittadino del Nord, quello di un cittadino del Sud è passato dal 52,9% al 56,3%. Un obiettivo clamorosamente fallito». Prevedere trasferimenti di risorse verso la parte meno sviluppata del Paese «è necessario, ma non sufficiente». Invece occorre investire sul capitale sociale per rispondere a diritti fondamentali negati e ridurre le diseguaglianze.

«Penso che la strada privilegiata sia quella di investire sul Terzo settore – conclude Borgomeo – e la grande sfida è fare questo con la nuova consapevolezza che questo lavoro costituisce la condizione per un diverso modello di sviluppo. Fare interventi di inclusione, di accoglienza, di assistenza non è solo un argine, un’azione di contenimento, una supplenza. Chi opera deve percepirsi come soggetti di cambiamento, soggetti politici».

(fonte Avvenire)