• 2 Maggio 2024 16:33

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

di Fra Francesco Chillari – Cerco di farmi strada tra la folla di personaggi che animano questa via Crucis, quest’attimo infinito della vita di Gesù in cui lottano rumore e silenzio, trambusto e quiete, parole e vuoto. Mi metto in cammino, come uno qualsiasi della folla che abita il tempo del Calvario, uno sconosciuto tra tanti sconosciuti. Mi affretto, facendomi spazio tra tutti, perché desidero incontrare il volto di Cristo, il suo sguardo sanguinante, deturpato da quell’attimo violento e oscuro; desidero raggiungere il suo sguardo acceso, vigile, innamorato, quieto, quel volto che, quando mi soffermo a contemplarlo ancora oggi sulla croce, mi infonde la Pace. Da nessun’altra parte ritrovo quella stessa Pace!

Ho fretta di raggiungerlo: che non passi invano questo tempo che mi separa dal vederlo già appeso al legno della Croce. Sono tanti i volti che scorgo, continui flash che, tuttavia, non mi distolgono dal desiderio di perseverare nella corsa: scorgo i discepoli, Pietro tra tutti; e Giuda, già dilaniato dalla morte del cuore; Caifa; i soldati e le guardie, appuntiti quanto le lance che portano in mano; i capi dei sacerdoti; Pilato e il suo cuore sospeso, diviso, tra politica e fede; la folla che invoca la morte di Gesù: grida che feriscono il cielo; scorgo persino Barabba, che fa silenzio davanti al suo nome urlato al vento e a un destino inaspettato.

Poi, all’improvviso, scorgo un uomo con una croce addosso come agnello condotto al macello. Penso tra me: finalmente l’ho trovato! E corro ancora. Ma non è il volto di Gesù. Ho imparato a conoscerlo; lo riconoscerei tra mille ferite e altrettanti dolori; lo riconoscerei in mezzo a tutte le tempeste della vita, anche quando i colpi della vita potrebbero togliermi la nitidezza della vista e annebbiarmi il cuore. Mi avvicino: un uomo qualsiasi. Simone di Cirene, mi dicono, padre di Rufo e Alessandro. Qualche passo più indietro Lui, Gesù. Ma io mi fermo al volto di Simone ormai ed è come se vedessi quello di Gesù. Qui non si urla più. Tace anche Simone, non si lamenta, nonostante il peso della giornata e forse della vita; non si lamenta di quel peso che non gli spetta e che lo piega a terra; non si lamenta, ma lo porta, così come tante volte ha portato sulle spalle i suoi due figli. Quel silenzio sereno mi commuove. In mezzo alle molteplici grida di una ragione sfigurata, la vera vita tace e procede verso l’obbedienza alla Vita stessa. Cristo obbedisce alla Vita che è suo Padre; Simone di Cirene obbedisce a quel momento, senza dire nulla ma prendendolo su di sé: lo sa che la vita accolta con fede per come viene non può che portarlo alla Vita vera, che è il Dio che ama. Lo sa che se porta su di sé la fatica della vita, poi la Vita, che è il Dio che ama, lo riempirà di eternità.

Cammino con loro adesso, ancora in silenzio, anche io. D’altra parte, a cosa servono adesso le parole. A parlare è la vita. E lo sappiamo tutti. Quante volte la vita ci parla, più di tante parole pronunciate! Cammino con loro e sono ormai sotto la croce. L’ora è ormai compiuta. Di nascosto osservo quell’attimo finale. E scorgo pure, nascosto dall’altra parte Simone di Cirene, che non se n’è tornato a casa, ma vuole comprendere, così come io voglio comprendere, cosa significa tutto questo che è accaduto. Sotto la croce di Gesù stanno sua madre, Maria; la sorella di sua madre; Maria, madre di Cleopa; Maria di Magdala; e Giovanni, il discepolo che Gesù tanto amava. Sembrano cinque statue di marmo, dritte davanti all’Eterno. Anche qui è il silenzio a parlare più di mille parole.

E solo poche parole odo prima dell’ultimo respiro di Gesù. «Donna, ecco tuo figlio!»; «Ecco tua madre!». Si incontrano il mio sguardo e quello di Simone, lui dall’altra parte della via, ma dalla stessa parte della mia vita. Adesso lo sappiamo. Tutto sta lì. In quell’alito finale in cui Gesù consegna lo Spirito. I volti di quelle cinque statue sono innalzati, ancora a guardare quel supplizio che però dona Pace. Non vogliono staccarsi da quel Volto, che è tutto Amore. Aspettano la vita adesso, quella vera, quella che il giorno di Pasqua donerà, a tutti noi, come l’unica speranza su cui fondare la nostra fede. La morte non fa più paura. È solo una porta aperta sulla Vita!