• 28 Aprile 2024 22:05

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Mercoledì della XX settimana del tempo Ordinario

Lettura:  Gdc 9,6-15; Sal 20;  Mt 20,1-16

Riflessione biblica

“Chiama i lavoratori e da’ loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi” (Mt 20,1-16). Com’è difficile accettare la logica del Vangelo: la logica della gratuità e del dono. Tutti siamo chiamati ad instaurare il Regno di Dio, ma non con le “leggi sindacali” dell’equa retribuzione e della giustizia sociale, ma secondo la legge della gratuità misericordiosa di Dio. Parabola-della-vigna-300x98 La parabola "sindacale"Essere invitati a “lavorare nella vigna del Signore” è già di per sé un dono di benevolenza, che “ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità” (Ef 1,4). A maggior ragione lo è anche “la retribuzione”: la vita eterna, dono che Dio ci concede nella sua misericordia, perché la salvezza “non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell’uomo, ma da Dio che ha misericordia” (Rom 9,16). Non è importante aver lavorato molto o poco, ma è decisivo accettare l’invito a lavorare per edificare il Regno di Dio: siamo suoi collaboratori, ma è Dio che opera in noi e fa prosperare la sua vigna. Solo in questa prospettiva possiamo comprendere che “la paga” che riceveremo non dipende dal lavoro che abbiamo svolto, non dipende dalle nostre opere buone, ma dalla fedeltà amorosa con cui collaboriamo con Dio. La retribuzione è unica e indivisibile: la nostra comunione con Gesù per stabilire il Regno di Dio. Per questo, non solo non invidiamo, ma preghiamo il “padrone della vigna” e diciamo: “Venga il tuo Regno”. vite1-300x188 La parabola "sindacale"Non accuseremo Dio di ingiustizia: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo” (Mt 20,12), anzi saremo contenti che tutti possono essere salvi e partecipi con noi del premio della vita eterna. Dio non è ingiusto, ma ci insegna che la misericordia prevale sulla giustizia (Gc 2,13). Ed è tale amore misericordioso che ci fa salvi e partecipi dell’eredità dei cieli: “Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siamo salvati mediante la fede; e ciò non viene da noi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse camminassimo” (Ef 2,4-5.8-10).

Lettura esistenziale

vigna La parabola "sindacale"Quando leggo o ascolto questo Vangelo penso: ma Dio, rappresentato in questa parabola dal padrone di casa che assolda lavoratori per la sua vigna, non poteva essere più diplomatico? Se proprio voleva dare agli ultimi operai la stessa paga dei primi che avevano lavorato di più, per evitare conflitti sarebbe bastato che prima avesse pagato gli operai che avevano lavorato per più tempo e poi, quando questi se ne fossero andati, togliendo la loro imbarazzante presenza, avrebbe pagato gli ultimi che avevano lavorato di meno. In questo modo si sarebbero evitati: invidie, mormorazioni e malumori. Semplice, no?

E invece sembra proprio che Dio non ci eviti quelle situazioni che fanno emergere che cosa abbiamo realmente nel cuore e non ci evita nemmeno i conflitti. Anche il conflitto può diventare un’occasione per crescere, quando lo facciamo sfociare nel dialogo, nel confronto sincero, nell’ascolto, nel rispetto del punto di vista altrui e infine nel perdono reciproco.

L’amicizia tra due persone si consolida anche attraverso la correzione fraterna.

Ci sono due forme di correzione, entrambe importanti: la correzione attiva, quando correggiamo il nostro prossimo e la correzione passiva, quando ci lasciamo correggere. La correzione ci può venire da Dio, attraverso la voce della coscienza, la Parola, le prove, l’infermità, e ci può venire dal nostro prossimo, attraverso l’avvertimento o attraverso il buon esempio.

La correzione è una delle sette opere di misericordia spirituale: ammonire i peccatori. Ma per correggere l’altro, secondo Dio, si richiede l’umiltà, dobbiamo cioè riconoscere che tutti “manchiamo in molte cose” (Gc 3, 2) e tutti abbiamo bisogno della misericordia di Dio. La correzione va fatta per amore, per il bene altrui, senza giudizio e senza essere mossi da passioni disordinate quali l’ira, il turbamento, l’invidia, la gelosia o altro. Va fatta con dolcezza, ma anche con fermezza, facendola precedere e accompagnare sempre dalla preghiera.

Se da una parte la pratica di essa comporta fatica, dall’altra parte la ricompensa è grande, infatti scrive San Giacomo: “Se un fratello si allontana dalla verità e un altro ve lo riconduce, costui sappia che chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore, lo salverà dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati” (Gv 5, 19).