• 1 Maggio 2024 21:24

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e di Suor Cristiana Scandura

San Lorenzo

Letture: 2Cor 9,6-10; Sal 111; Gv 12,24-26

Riflessione biblica

“Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24-26). Parole importanti: indicano il dono che Gesù ha fatto a noi della sua vita. Ma ogni discepolo, che segue Gesù per la via della Croce, si deve sentire coinvolto in questa avventura d’amore: donare la propria vita come dono di amore a Dio e ai fratelli, dono di salvezza per quanti incontriamo nella nostra vita quotidiana. san-lorenzo-191x300 La propria vita come dono di amore a Dio e ai fratelliEcco il programma di vita del diacono Lorenzo: imitò Gesù, e lo seguì con gioia: “Sovrabbondò di gioia, divenuto vittima con Cristo” (liturgia). Diacono, servì la Chiesa, e all’interno di essa divenne dono di grazia per i poveri e bisognosi della comunità, ricordandosi della parola di Gesù: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Ecco il suo tesoro: Gesù e i poveri, ad essi dedicò il suo servizio diaconale fino a dare la propria vita: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici” (Gv 15,13). E così pregò intensamente Gesù nel suo martirio: “A te si stringe, l’anima mia, o Dio, ora che il mio corpo brucia per te” (liturgia). E così il suo corpo arse tra le fiamme, ma la sua anima arse d’amore per Gesù e per i fratelli. E conseguì il premio: “Padre, la gloria che tu hai dato a me, io l’ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa” (Gv 17,22). Illuminati dalla grazia del martire Lorenzo, continuiamo a guardare il cielo e le sue stelle: esprimiamo il nostro desiderio di incontrare Gesù e di servirlo nei poveri, negli ultimi e nei bisognosi.

Lettura esistenziale

lavanda-dei-piedi-300x200 La propria vita come dono di amore a Dio e ai fratelli“Se uno serve me, il Padre lo onorerà” (Gv 12, 26). Nel brano dell’Apocalisse che parla della ricompensa riservata ai giusti, mi ha sempre il colpito il fatto che per primi vengano ricompensati i servi, a seguire poi i profeti e i santi: “È giunta l’ora di dare la ricompensa ai tuoi servi, ai profeti e ai santi” (Ap 11, 18).

Il Cristiano deve trarre esempio dalla vita di Cristo Gesù che pur essendo il Signore, si cinse il grembiule e cominciò a lavare i piedi dei discepoli. Quando ebbe finito, il Vangelo ci dice che Gesù riprese le sue vesti, ma non ci dice che dismise il grembiule.

La Chiesa autentica, come diceva Don Tonino Bello, è la Chiesa “del grembiule”; la Chiesa serva. Serva di Dio e del Vangelo, ma anche serva della comunione, della gioia, serva dell’uomo. Servire, per il Cristiano, equivale a regnare. Il servizio non è altro che la carità messa in pratica. Quando svolgiamo un qualsiasi ufficio, la prova del nove che lo svolgiamo con spirito di servizio è che non ci turbiamo se ci viene tolto. Talvolta diciamo di esercitare un servizio, ma in realtà vi attacchiamo il cuore e ce ne appropriamo. Una delle caratteristiche del servizio vero, è il distacco. Dovremmo chiederci sinceramente: “Se mi fosse tolto questo ufficio, come la prenderei? Lo vivo veramente come un servizio che oggi svolgo io, ma domani può essere affidato ad un’altra persona?”.

Come non pensare al grande San Francesco che seppe mettersi da parte perché fosse affidato ad altri l’ufficio di Ministro Generale dell’Ordine, preferendo vivere come un semplice Frate? Come non pensare anche a Benedetto XVI che riconoscendo essere più utile alla Chiesa che un altro ne fosse al timone, si ritirò?

È anche per noi il servizio, la brillante carriera cui aspiriamo?