• 2 Maggio 2024 17:54

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Mercoledì della XVI settimana del Tempo Ordinario

Letture: Ger 1,1.4-10; Sal 70; Mt 13,1-9

Riflessione biblica

Egli parlò loro di molte cose con parabole” (Mt 13,1-9). Il capitolo 13 del Vangelo di Matteo è definito dagli esegeti come il “discorso in parabole”, in cui Gesù presenta la realtà del Regno di Dio con delle similitudini, tratte dalla vita quotidiana del suo popolo, un popolo di pastori e di agricoltori. Sono immagini vivaci, immediate, quasi stilizzate, adatte per riflettere sul nostro orientamento di vita e provocare in noi una risposta al Seminatore che è venuto a seminare in nome di Dio. Ascoltare le parabole è necessario, ma ancor di più ascoltare il messaggio profondo che Gesù ci vuole comunicare. La sua voce, più che nelle orecchie, deve risuonare nel cuore: nel silenzio e nella riflessione personale ascoltiamo i suoi insegnamenti per la vita. Per accogliere la parola c’è bisogno di ascolto e di comprensione. Ascoltare non è facile, in quanto richiede attenzione, disponibilità, docilità.parola-3-300x169 La semina del seme buonoRiconosciamolo sinceramente: spesso leggiamo la parola di Dio in mezzo a tanti “rumori” esterni ed interni, e la parola non penetra in noi; presi da molte preoccupazioni, la parola non ci rivela tutta la grazia che ci offre. Avere attenzione: è l’attenzione del giovane Samuele, che dice al Signore: Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta” (1Sam 3,9), e nello stesso tempo “cresceva e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole” (1Sam 3,18). Ascoltare è avere il cuore e la mente concentrati sulla parola che leggiamo o ascoltiamo, per questo abbiamo bisogno di fermarci, leggere con partecipazione al mistero che la parola ci svela, meditare per comprendere e trovare applicazioni per la vita. Alla comprensione deve accompagnarsi la disponibilità: entrare in sintonia con Dio e con Gesù, per acquistare intelligenza e capacità di discernimento, per “non conformarci al mondo, ma lasciarci trasformare rinnovando il nostro modo di pensare e così discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rom 12,2). Infatti, Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21). E docilità: essere fedeli all’insegnamento che il Signore ci offre e lasciarci plasmare dall’azione della sua grazia, che modella il modo di pensare, agire e sentire. Dobbiamo fare nostra la preghiera di Salomone:Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia agire secondo giustizia e sappia distinguere il bene dal male e compiere ciò che è buono, gradito al Signore e perfetto” (1Re 3,9 + Rom 12,2). Seguiamo questo avvertimento apostolico: Liberate-vi da ogni impurità e da ogni eccesso di malizia, accogliete con docilità la Parola che è stata piantata in voi e può portarvi alla salvezza” (Gc 1,21). E chiediamo al Signore che ci dia piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché possiamo comportarci in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio” (Col 1,9-10).

Lettura esistenziale 

seminare-300x225 La semina del seme buono“Ecco, il seminatore uscì a seminare” (Mt 13, 3). Nel Vangelo odierno, Gesù si rivolge alla folla con la celebre parabola del seminatore. È una pagina in qualche modo “autobiografica”, perché riflette l’esperienza stessa di Gesù, della sua predicazione: Egli si identifica con il seminatore, che sparge il buon seme della Parola di Dio, e si accorge dei diversi effetti che ottiene, a seconda del tipo di accoglienza riservata all’annuncio. C’è chi ascolta superficialmente la Parola ma non l’accoglie; c’è chi l’accoglie sul momento ma non ha costanza e perde tutto; c’è chi viene sopraffatto dalle preoccupazioni e seduzioni del mondo; e c’è chi ascolta in modo recettivo come il terreno buono: qui la Parola porta frutto in abbondanza.

Perché Gesù parla in parabole? Le parabole, per loro natura richiedono uno sforzo di interpretazione, interpellano l’intelligenza ma anche la libertà. Spiega San Giovanni Crisostomo: “Gesù ha pronunciato queste parole con l’intento di attirare a sé i suoi ascoltatori e di sollecitarli assicurando che, se si rivolgeranno a Lui, Egli li guarirà”. In fondo, la vera “Parabola” di Dio è Gesù stesso, la sua Persona che, nel segno dell’umanità, nasconde e al tempo stesso rivela la divinità.

In questo modo Dio non ci costringe a credere in Lui, ma ci attira a Sé con la verità e la bontà del suo Figlio incarnato: l’amore, infatti, rispetta sempre la libertà.