Il dato è inequivocabile. L’impegno della Chiesa italiana per l’accoglienza dei migranti e per l’assistenza a profughi e richiedenti asilo sul territorio nazionale, lungo le rotte migratorie e nei Paesi d’origine resta forte e in aumento. E affonda le radici nel passato remoto, tenendo la prospettiva del lungo periodo. Le reazioni scomposte di alcuni politici, media schierati e social alle parole di papa Francesco alla catechesi di mercoledì scorso non hanno tenuto conto dell’interezza del suo discorso, volto a sottolineare sì che respingere i migranti sia peccato grave, ma anche che occorre aprire vie legali e sicure d’ingresso. In altre parole è compito della politica governare un fenomeno che non è più tollerabile definire “emergenza” dopo un decennio di flussi irregolari verso l’Ue.
Ma prima di soddisfare con le cifre la curiosità di chi continua a domandarsi quanti genericamente ne accolga il Vaticano va fatta un’operazione di autocritica. Secondo il progetto europeo Tuas, “Tutta un’altra storia”, è necessario da parte di chi è impegnato nell’accoglienza e per la solidarietà cambiare la narrazione delle migrazioni per uscire dalla polarizzazione ormai stagnante dell’opinione pubblica italiana. Che vede ormai da anni un 25% di cittadini “non accoglienti” contrapposti a un 25% di “molto accoglienti” e nel mezzo un 50% circa della popolazione definita “centro fluido” che non è informato e partecipe ed è facilmente impressionabile dagli allarmi mediatici. È a loro, non a chi la pensa in modo diametralmente opposto, che occorre rivolgersi per ribaltare il quadro. Media e social di riferimento dei “non accoglienti” ne sono consapevoli.
Tra gli enti di accoglienza ecclesiali, il Centro Astalli dei gesuiti, la congregazione da cui proviene papa Francesco. Nel 2023 gli otto enti territoriali hanno accolto 22.000 richiedenti asilo e rifugiati, di cui 11.000 a Roma, ospitando 1.177 persone. Ha realizzato in più di 200 istituti scolastici di 19 città italiane coinvolgendo 31.441 studenti progetti di sensibilizzazione sul diritto di asilo e sul dialogo interreligioso grazie a 737 volontari italiani, stranieri, o seconde e terze generazioni di migranti in Italia e rifugiati. Altra sottolineatura riguarda la salute di chi viene accolto, dato trascurato dai più. Su un totale di 235 persone accolte dal Centro Astalli a Roma, una persona su sei è stata vittima di tortura e violenza e una su cinque ha una vulnerabilità sanitaria. Come ricorda il presidente padre Camillo Ripamonti «il Papa ricorda a chi governa il dovere di salvare vite. E soprattutto l’utilità di investire su integrazione e accoglienza anche di chi arriva irregolarmente. Anche se le espulsioni aumentano, sono sempre poche, sarebbe meglio per la coesione sociale puntare a politiche di inclusione».
Caritas italiana fornisce aiuto anche a chi si affaccia sulle rotte migratorie, in particolare in Nordafrica e lungo la rotta balcanica. In Tunisia e Turchia la situazione dei migranti di pelle scura e di chi li aiuta resta molto difficile. Sulla rotta Balcanica tra gennaio e luglio c’è stata una secca riduzione dei flussi secondo l’Unhcr, con 7.100 transiti nei Balcani occidentali, il 52 % in meno rispetto all’anno precedente. Con Caritas Española e con i fondi otto per mille Cei ha supportato le organizzazioni sorelle di Albania, Bosnia-Erzegovina, Grecia, Bulgaria, Kossovo, Montenegro, Macedonia del nord, Serbia e Turchia. E ha fornito ai transitanti vista la violenza dei respingimenti, cibo e generi di prima necessità e assistenza legale, finanziaria e supporto psicologico.
Poi la Chiesa italiana, che aveva lanciato la campagna “Liberi di partire liberi di restare”, concetto ripreso dal Papa nel messaggio del 2023 per la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato li aiuta a casa loro. Dal 2016 il Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli della Cei, attraverso i fondi dell’8xmille ha approvato ben 4.428 progetti di sviluppo – 58 in Europa, 855 in Asia, 17 in Medio Oriente, 2128 in Africa, 1265 in America Latina e 5 in Oceania, per un totale di 760.8 milioni di euro di finanziamenti a 108 paesi e a 2.486 enti. Dal 1991, inoltre, il servizio ha finanziato 166 progetti specificamente a favore di migranti e rifugiati in 31 Paesi per un totale di oltre 31,5 milioni di euro. Attive in 80 paesi da mezzo secolo “a casa loro” lavorano le 97 Ong della Focsiv, federazione delle Ong cristiane. La presidente Ivana Borsotto fa subito una premessa. «Chi opera nella cooperazione allo sviluppo sa che accanto al diritto di migrare c’è quello di essere libri di scegliere di restare a casa propria. Il nostro ruolo è fare il possibile per ridurre le diseguaglianze con progetti di sviluppo sociale, sanitario educativo ed economico. Altro che assistenzialismo, puntiamo a rafforzare i sistemi. Da sempre lavoriamo con la società civile locale. Il Piano Mattei stabilisce un approccio non predatorio negli aiuti allo sviluppo che adottiamo da sempre». Quanto ai migranti, le Ong di terra fanno notare che le rimesse valgono tre volte a livello globale l’aiuto allo sviluppo. «E loro ci aiutano a casa nostra perché se non li avessimo le nostre economie si fermerebbero. In vista del giubileo occorre togliere ai paesi di origine il giogo del debito.E ricordare all’Italia l’impegno assunto davanti all’Onu di aumentare fino allo 0,7% del pil gli aiuti per lo sviluppo entro il 2030.»
Ma come va cambiata la narrazione con questi dati? L’errore, spiegano gli esperti di “Tutta un’altra storia” che diventerà una campagna in autunno in Italia, è pensare di costruire così contronarrazioni solidali da contrapporre all’allarmismo di chi vuole alzare muri identitari. «Quindi – spiega Davide Gioacchino, responsabile comunicazione dell’Ong Cisv che coordina in Italia il progetto finanziato da fondazioni bancarie e Aics, agenzia governativa di cooperazione allo sviluppo – non bisogna partire da dati e storie positive, che vengono in un secondo momento, ma dai valori condivisi, dalle emozioni. Occorre cogliere il senso politico del cambio di narrazione per portare il 50% “fluido” verso l’accoglienza e l’inclusione. Dovremmo investire su azioni volte ad accogliere, proteggere, promuovere e integrare». I quattro verbi che per il Papa sono il modo giusto per affrontare la questione dei rifugiati e migranti, come scriveva nella Giornata mondiale della pace del 2017.
(fonte Avvenire)