• 2 Maggio 2024 4:33

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Mazara. Copia dello “Spasimo di Palermo” a Cristo Re: raccolta fondi per restauro

Quando nel 1949 don Edoardo Tilotta ricevette dall’allora Vescovo di Mazara del Vallo Salvatore Ballo la chiesa normanna di San Martino per fondare una nuova parrocchia, l’attuale “Cristo Re in san Martino”, la trovò fatiscente, con gli attigui i locali dell’ex convento dei Cappuccini, abbandonati da quasi un secolo, ridotti a cumuli di macerie. La chiesa, piccola, a un’unica navata, dal presbiterio squadrato e poco profondo, aveva una struttura semplice, come la povertà dei frati richiedeva.

Pochi e mal conservati erano gli arredi della chiesetta dei Cappuccini dedicata a san Martino, ma il presbiterio accoglieva ancora l’opera lignea della pala dell’altare che incorniciava la grande tela della “Andata al calvario” di Gesù, meglio conosciuta come lo “Spasimo di Sicilia”: uno schema iconografico raffigurante Gesù, caduto sotto il peso della croce, nel suo viaggio doloroso verso il Golgota mentre tre donne, la Veronica, Maria con le braccia tese e la Maddalena, sono rivolte verso di lui doloranti e piangenti.

 

Lo “Spasimo di Sicilia” è una delle opere più belle e conosciute di Raffaello, commissionata e realizzata per l’altare della chiesa dello Spasimo di Palermo intorno al 1516 e approdata, dopo diverse vicissitudini, al Museo del Prado a Madrid. Considerata opera di ineguagliabile bellezza fin dal suo apparire, diventò un tema riprodotto in numerose copie, e molti estimatori del grande pittore cercarono di averne un esemplare.

Ma quali vicende portarono l’opera di Raffaello da Palermo a Madrid? Fu proprio lo Spasimo di Raffaello a partire per la Spagna o una sua copia? Quanto è vicino lo Spasimo di Mazara del Vallo a quello madrileno che reca la firma di Raffaello d’Urbino? E, soprattutto, come è giunta nella chiesetta dei Cappuccini, a Mazara del Vallo, questa splendida replica del capolavoro dell’Urbinate? A queste domande risponde l’interessante saggio “Raffaello a Mazara del Vallo” di don Leo Di Simone, bellissimo viaggio tra storia, fede, arte e liturgia quando queste, fuse, diventano espressione del genio umano che le simbolizza in opere di bellezza.

Il saggio, scritto da don Di Simone per patrocinare il restauro della preziosa tela, è disponibile presso la parrocchia Cristo Re di Mazara del Vallo. In esso si analizzano le vicende che interessarono lo Spasimo, dal suo rocambolesco naufragio nel mar Tirreno alla sua attuale collocazione al Prado di Madrid, proponendo suggestive e realistiche ricostruzioni di un passato che pone quest’opera d’arte, dal suo nascere al suo divenire culturale, strumento di fede, di devozione, di alleanze, di spoliazioni, di inganni… ma, in ogni caso, sempre in ordine alla ricerca della bellezza contemplativa. Un “giallo della bellezza” lo si potrebbe ben definire.

La parrocchia, in occasione del 40° anniversario della morte di don Edoardo Tilotta, primo parroco di Cristo Re e primo custode dello Spasimo mazarese, grazie alla sensibilità del parroco don Daniele Donato, si sta attivando per sensibilizzare e promuovere attività che possano permettere il restauro della tela, e tra queste s’inserisce anche il saggio di don Leo Di Simone che da “parroco emerito” ne ha fatto dono alla parrocchia auspicandone il recupero.

La tela, accolta dai frati Cappuccini alla fine del Cinquecento, e conformemente alla loro regola di povertà collocata in una ancona di legno d’abete, può essere considerata quella «perla rara», quel «tesoro prezioso» da custodire, da valorizzare e restaurare per recuperarne l’antico splendore, poiché cinque secoli di fumo di ceri, d’incenso e di polvere ne hanno oscurato la bellezza dei colori e l’eleganza dei volti, mentre parti del dipinto non sono più visibili… ma soprattutto perché «il nostro Spasimo mazarese [..] è celato dall’oblio culturale prima che dal velo di fumo e di polvere che ne ottunde la bellezza. Perché la bellezza si fa le sue ipostasi, i suoi luoghi rivelativi che sono sorgenti di vita per l’umanità. [..] E se dopo la pulitura e il restauro si trovasse una firma, un particolare che rivelasse un Raffaello più vero del vero?» si interroga pensoso l’autore!

(Fonte e foto Diocesi di Mazara- Condividere)