Ci sono sfide “che il Mediterraneo pone alla teologia”, perché “l’annuncio del Vangelo” richiede “l’impegno per la promozione della giustizia, il superamento delle disuguaglianze e la difesa delle vittime innocenti”, come quelle della mafia, e il teologo, dunque, deve fare “un salto della prossimità, che completi il salto della fede”, guardando “la realtà umana” come ha fatto Cristo, “che si è abbassato a tal punto da divenire il più piccolo tra gli uomini”. Papa Francesco affida queste sfide alla Pontificia Facoltà Teologica di Sicilia “San Giovanni Evangelista”, che ha sede a Palermo, in occasione dell’apertura oggi, 16 ottobre, del nuovo anno accademico, e le sintetizza in un intervento video. Sono: “il dialogo ecumenico con l’Oriente; il dialogo interreligioso con l’Islam e l’Ebraismo; la difesa della dignità umana del Mare nostrum” – spesso luogo in cui prevalgono “logiche di morte” -; “la forza culturale e sociale della religiosità popolare”; “la risorsa della letteratura per il riscatto della dignità culturale del popolo”; il “grido delle vittime della mafia”. Per tale motivo ci vuole una teologia che si sviluppi nella vita concreta dell’uomo.
Il Mediterraneo ha bisogno di una teologia viva, che coltivi fino in fondo la sua dimensione contestuale, diventando un appello per tutti. Coltivate questa teologia con-promessa con la storia, così come Dio nella carne del Figlio si è compromesso con le nostre lacrime e le nostre speranze.
La teologia del Mediterraneo
Sintetizzando la prolusione consegnata agli studenti, Francesco, sulle “orme di San Giovanni Paolo II, che visitò la Facoltà di Sicilia il 21 novembre del 1982, in occasione della sua visita pastorale nel Belice” e nel capoluogo siciliano, sottolinea che “si tratta di imparare l’artigianato della teologia”, tessendo “reti evangeliche di salvezza, proprio lungo le rive siciliane del Mediterraneo”. Tutto questo deve “suscitare lo stupore dell’incontro e dell’amicizia”, perché lo stupore è “proprio il nervo che suscita la fede”
Ecco il compito della teologia dal Mediterraneo: intessere reti di salvezza, reti evangeliche fedeli al modo di pensare e di amare di Gesù, costruite con i fili della grazia e intrecciate con la misericordia di Dio, con le quali la Chiesa può continuare ad essere, anche nel Mediterraneo, segno e strumento di salvezza del genere umano. E questo è il modo con cui la teologia può amare, può diventare carità.
Contribuire al riscatto dalla mafia
E se per tessere e riassettare le reti spesso si resta in ginocchio, così, per questa teologia di prossimità ci vuole “lo stile della lavanda dei piedi e quello del buon samaritano”, osserva Francesco, immaginando “le mani dei teologi” narrare “l’abbraccio di Dio”, offrire “tenerezza” – “che è lo stile, di Dio” -, rialzare “chi è caduto”, orientare “alla speranza”.
La teologia richiede e include la testimonianza fino al sacrificio della vita, al dono di sé attraverso il martirio. Questa terra conosce grandi testimoni e martiri, da Padre Pino Puglisi al Giudice Rosario Livatino, senza dimenticare i magistrati Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, e tanti altri servitori dello Stato. Essi sono “vere cattedre” di giustizia, che invitano la teologia a contribuire, con le parole del Vangelo, al riscatto culturale di un territorio ancora drammaticamente segnato dalla piaga della mafia.
Avviare un laboratorio teologico e sociale del perdono
Per Francesco la teologia deve immergersi nella storia e nella storia far “risplendere la carità di Cristo”. Da qui l’invito alla Facoltà Teologica siciliana ad avviare “processi di ricerca teologica e sociale sul perdono, al crocevia della legalità, della resistenza e della santità”.
Iniziate con creatività un vero e proprio laboratorio teologico e sociale del perdono, per una vera rivoluzione di giustizia! E questa, mi piace dire, è la vocazione della vostra isola.
Coltivare il dialogo ecumenico e interreligioso
In Sicilia “si incontrano in armonia culture, storie, e volti diversi”, rimarca poi il Papa, e allora la teologia deve “coltivare il dialogo con le Chiese sorelle d’Oriente che si affacciano anch’esse sul Mediterraneo”, ma va curato anche il dialogo con le altre religioni.
La rotta del dialogo ecumenico e interreligioso, per quanto difficoltosa, è quella da riproporre e sostenere attraverso esperienze di incontro, esperienze anche di confronto e collaborazione nel comune ascolto dello Spirito Santo. È eredità di tanti martiri del dialogo nel Mediterraneo. A voi è perciò affidata la missione di costituirvi come laboratorio di una teologia del dialogo ecumenico e di una teologia delle religioni che sfoci in una teologia del dialogo interreligioso. Sempre la parola “dialogo”, “dialogo”: apertura.
Il confronto fecondo con la letteratura
Da non dimenticare, inoltre, il fecondo “confronto tra la teologia e la letteratura”, portato avanti anche nella ricerca della Facoltà Teologica siciliana, “soprattutto per la scelta di riconoscere quel fiuto della fede che appartiene all’esperienza del popolo”. Per Francesco la letteratura “permette una lettura della realtà siciliana e mediterranea”, e questo aiuta “a riscoprire” la propria “identità nel segno del dialogo”. Emblematici gli scritti di Pirandello, Verga e Sciascia che hanno consentito di capire “il poliedrico pensiero siciliano”. Per questo il Papa insiste sulla necessità di “una teologia che, dall’alto della croce e in ginocchio davanti al prossimo, usi parole umili, sobrie e radicali, per aiutare tutti ad affacciarsi alla compassione”. Parole, conclude il Pontefice, che “insegnano a fare reti di salvezza e di amore”.
(fonte Vatican News – Tiziana Campisi)