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Papa Francesco: “Maria è madre, non dea”. Titoli “a volte esagerati, ma per amore”

“Gesù ha esteso la maternità di Maria a tutta la Chiesa quando le ha affidato il discepolo amato, poco prima di morire in croce. Da quel momento, noi siamo collocati tutti sotto il suo manto, come si vede in certi affreschi o quadri medievali”. Lo ha detto il Papa, che nella catechesi dell’udienza di oggi, trasmessa in diretta streaming dalla Biblioteca privata del Palazzo apostolico e dedicata alla preghiera in comunione con Maria, ha citato a braccio “la prima antifona latina: ‘sub tuum praesidium confugimus…’.

La Madonna che copre, ma come madre, non come dea, non come “corredentrice”.

“E’ vero che la pietà cristiana sempre gli dà dei titoli belli, come un figlio alla mamma: quante cose belle dice il figlio alla mamma!”, ha proseguito a braccio: “Ma stiamo attenti: le cose belle che si dicono a Maria nulla tolgono dell’unicità redentrice di Cristo: lui è l’unico redentore. Sono espressioni di amore, come un figlio alla mamma, a volte esagerate. Ma l’amore sempre ci fa fare cose esagerate. E così abbiamo cominciato a pregarla con alcune espressioni a lei dirette, presenti nei Vangeli: ‘piena di grazia’, ‘benedetta fra le donne’. Nella preghiera dell’Ave Maria sarebbe presto approdato anche il titolo ‘Theotokos’, ‘Madre di Dio’, sancito dal Concilio di Efeso. E, analogamente a come avviene nel Padre Nostro, dopo la lode aggiungiamo la supplica: chiediamo alla Madre di pregare per noi peccatori, perché interceda con la sua tenerezza, ‘adesso e nell’ora della nostra morte’.

Adesso, nelle concrete situazioni della vita, e nel momento finale, perché ci accompagni come madre, come prima discepola, nel passaggio alla vita eterna”.

“A un certo punto, nei Vangeli, ella sembra quasi scomparire; ma ritorna nei momenti cruciali, come a Cana, quando il Figlio, grazie al suo intervento premuroso, fece il primo ‘segno’, e poi sul Golgota, ai piedi della croce”. Ha concluso il Papa

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