• 11 Ottobre 2024 14:33

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

“Amiamo Dio, fratelli miei, ma amiamolo a nostre spese, con la fatica delle nostre braccia, col sudore del nostro volto”.

In un piccolo paese della Guascogna, in Francia, da una famiglia di contadini, nel 1581 viene alla luce Vincenzo de’ Paoli. Nonostante la sua adolescenza trascorra nei campi, il suo acume viene notato da un benefattore che gli offre la possibilità di studiare, tanto che nel 1600, a soli 19 anni di età, è ordinato sacerdote, mentre la laurea in teologia arriverà nel 1604. Apre una scuola privata ma contrae molti debiti; inoltre, durante un viaggio in nave da Marsiglia a Narbona, la sua nave viene assalita dai pirati; Vincenzo è fatto prigioniero e venduto come schiavo a Tunisi. Riuscirà a riconquistare la libertà e a tornare in Francia due anni più tardi grazie al suo terzo padrone, che nel frattempo si è convertito al cristianesimo.

Da precettore dei ricchi a parroco dei poveri

Nel 1612 a Vincenzo viene finalmente affidata la parrocchia di Clichy, alla periferia di Parigi. Questo incarico gli consente di conoscere il cardinale Pierre de Bérulle che sarà per molto tempo il suo padre spirituale. Inizia quindi la sua attività di catechista, ma l’anno successivo diventa precettore dei figli dei marchesi di Gondi, dove rimane quattro anni. È qui che Vincenzo si rende per la prima volta conto dell’enorme divario esistente tra ricchi e poveri, non solo da un punto di vista materiale e sociale, ma anche dal punto di vista culturale e morale. Le sue preoccupazioni sono condivise dalla marchesa Gondi che gli mette a disposizione un’ingente somma di denaro affinché venga istituita una missione di predicazione quinquennale tra i contadini delle sue terre. Vincenzo però non trova altri sacerdoti che lo affianchino in questo incarico e rinuncia, abbandonando temporaneamente il castello e andando a lavorare nella parrocchia di campagna di Chatillon-le-Dombez. Ma qui il contatto con le miserie dei contadini lo scuote ancora più nel profondo.

La “scoperta” della Carità che muove il mondo

Come primo atto da parroco, Vincenzo si prende carico di una famiglia ammalata che non ha di che mangiare: organizza, allora, una catena di solidarietà tra i parrocchiani che riesce alla perfezione. Si rende conto, però, che finita questa elemosina, la famiglia sprofonderà nuovamente nell’indigenza: si rende necessaria, pertanto, un’organizzazione più efficiente, a lungo termine, che serva questa e le altre famiglie bisognose del territorio. Il 20 agosto 1617 prende vita così la prima cellula della Carità vincenziana. A occuparsene, come la società impone, sono tutte donne, che si chiameranno “Serve dei poveri”. L’associazione cresce a livello esponenziale e in tempi record ottiene l’approvazione del vescovo di Lione. Vincenzo ha capito che è l’amore a muovere tutte le cose e ha scelto di dedicarsi interamente a questo: trasmettere agli altri almeno un po’ di quell’amore con cui sente di essere profondamente amato da Dio.

Le Dame e le Figlie: le famiglie della Carità

Vincenzo torna al castello di Gondi, ma stavolta per occuparsi solo della promozione umana e materiale dei contadini. Poi si trasferisce a Parigi, perché è nelle città che le differenze sociali tra chi ha tutto e chi non ha niente sono maggiori: sente che è qui che deve intervenire. Nella capitale presto molte nobildonne ansiose di fare beneficenza e di contribuire economicamente alle sue opere, cercano “Monsieur Vincent”: nascono così le Dame della Carità, che nelle loro fila annoverano addirittura la futura regina di Polonia. L’opera più importante che riescono a realizzare, nel 1634, è l’apertura di un ospedale cittadino. Ma le Dame non bastano: sia come numero sia perché, data la loro posizione sociale, non possono attendere alle occupazioni più umili. Nel 1633, allora, Vincenzo fonda una Congregazione femminile innovativa per l’epoca: le Figlie della carità, che non saranno “monache”, lontane dal mondo e dedite alla contemplazione, bensì “suore”, sorelle degli ultimi, che vivono accanto a loro nel mondo e di loro si occupano quotidianamente. Insomma, anche le consacrate, per la prima volta, prendono parte all’apostolato attivo. Ancora oggi le Figlie della Carità sono la famiglia religiosa femminile più grande della Chiesa.

La formazione del clero e i “Lazzaristi”

Ma l’opera di Vincenzo non si limita solo alle suore. Già dal 1618 aveva iniziato a predicare la Parola di Dio nei villaggi e molti sacerdoti si erano uniti a lui: ne era nata una nuova comunità, che godeva del supporto economico della famiglia Gondi; tra le regole, la necessità di fare vita comune, rinunciare alle cariche ecclesiastiche più ambite, occuparsi dell’assistenza spirituale dei galeotti e dell’insegnamento del catechismo. Si tratta della Congregazione della Missione, più tardi detta dei Lazzaristi, dal priorato di San Lazzaro in cui aveva sede. Vincenzo si rende conto che spesso all’ignoranza dei contadini si associa una cattiva preparazione dei sacerdoti che dovrebbero occuparsi di loro: così si impegna anche nella formazione del clero, promuovendo gli esercizi spirituali e dando vita alle “conferenze del martedì”: incontri in cui i sacerdoti raccontano le proprie esperienze di apostolato attivo e stimolano vicendevolmente le loro vocazioni alla santità.

Le “Regulae” di monsieur Vincent

Vincenzo muore a Parigi il 27 settembre 1660. Ha 79 anni. Non lascia nessun’opera scritta: il suo capolavoro è stato la Carità. Una carità che è amore che non distingue tra quello verso Dio e quello verso il prossimo. Una spiritualità, quella vincenziana, che si fonda sulla duplice scoperta di Cristo e dei poveri, sulla coincidenza tra preghiera e azione, un impegno che è nel mondo e per il mondo e si concretizza nell’evangelizzazione come nella promozione umana. I suoi figli religiosi, perciò, si rifanno solo alle “Regulae” che incarnano le caratteristiche dello spirito vincenziano: semplicità, umiltà, mansuetudine, mortificazione e zelo per la salvezza delle anime. San Vincenzo de‘ Paoli viene canonizzato da Clemente XII nel 1737, mentre nel 1885 Papa Leone XIII lo proclama patrono di tutte le Associazioni cattoliche di carità.