Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Giovedì della VI settimana del Tempo Ordinario
Letture: Gen 9,1-13 Sal 101 Mc 8,27-33
Riflessione biblica
“Gesù domandava loro: Ma voi, chi dite che io sia? Pietro gli rispose: Tu sei il Cristo” (Mc 8,27-33). Non si possono seguire opinioni su Gesù. Gesù vuole una risposta personale di fede: “ma voi, chi dite che io sia?”. Persino la risposta di Pietro è generica e ambigua: suscitava false attese messianico-nazionaliste, dei malintesi che non portano affatto alla conoscenza di Gesù. Tanto che Gesù “ordinò loro severamente di non parlare di lui ad alcuno” (Mc 8,30) e a Pietro che attendeva ancora un Messia glorioso e trionfante secondo le attese del suo popolo, Gesù disse severamente: “Vai via, Satana! Tu non ragioni secondo Dio, ma secondo gli uomini” (Mc 8,33). Non basta aderire a Gesù e ascoltare la sua parola, bisogna andare dietro a Gesù e con lui portare la nostra croce quotidiana: “Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà” (Mc 8,34-35). La croce rimane il segno dell’esistenza cristiana e il compito del credente e quello di entrare nella “via” di Gesù: “Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo” (Gal 6,14). Allora, ha senso il “rinnegare se stessi”, per immedesimarsi con tutte le proprie possibilità personali di intelletto, volontà e sentimento al progetto di Dio in Gesù Cristo, in modo che la “sua via” divenga la “mia via”, la sua vita la mia vita: “Mi sono lasciato crocifiggere con Cristo, non vivo più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,19-20). Ciò è possibile, solo se il cristiano è un innamorato, che “non si vergogna di Gesù e delle sue parole” (Mc 8,38), ma sa “perdere la propria vita a motivo di Gesù e del suo vangelo” (Mc 8,35).
Lettura esistenziale
“Poi Gesù partì con i suoi discepoli verso i villaggi intorno a Cesarèa di Filippo; e per via interrogava i suoi discepoli dicendo: «Chi dice la gente che io sia?»” (Mc 8,27). Il brano evangelico odierno ci riferisce che Gesù, mentre è per la strada, interroga i suoi discepoli. Gesù non è la risposta, Egli è la domanda. Non è il punto di arrivo, ma la forza che mette in cammino la vita, che fa uscire da se stessi e prendere il largo. Le domande che Lui pone sono il punto di incontro tra Lui e noi. Non è per nulla facile sottoporsi alla valutazione degli altri, ma Gesù che è libero come nessun altro, non teme di farlo e chiede: “Chi dice la gente che io sia?”, non per misurare il grado di popolarità che ha raggiunto, quanto invece per conoscere che cosa la gente ha capito del suo messaggio. La domanda poi si fa diretta ai discepoli: “Voi chi dite che io sia?”. “Tu sei il Cristo”, risponde Pietro, l’Atteso di Israele, il senso della mia vita. A questo punto però il Vangelo cambio registro, il momento in cui Gesù comincia a parlare della passione e morte che dovrà patire, suscita la contestazione di Pietro che non riesce ad accettare un Messia perdente e prendendo in disparte il Maestro comincia a rimproverarlo. La tensione si alza, il dialogo si fa concitato e culmina in parole molto forti che Gesù rivolge a Pietro: “Va dietro di me, Satana”, cioè il tuo posto è seguirmi. L’atteggiamento di Pietro riflette la nostra ambiguità: da una parte crediamo in Gesù, Messia e Figlio di Dio, dall’altra prestiamo ascolto al sussurro del male, continuando a pensare secondo la mentalità del mondo. La soluzione è quella indicata da Gesù a Pietro: andare dietro di Lui, come si addice a discepoli, non passargli avanti, anche se non è facile comprendere e accettare la logica della Croce.