• 8 Maggio 2024 23:43

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Commemorazione di tutti i Defunti dell’Ordine Serafico

Letture: Sap 3,1-9; Sal22; Gv 6,37-40

Riflessione biblica

Questa è la volontà del Padre mio: chiunque vede il Figlio e crede in lui ha la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,37-40). Parole di speranza: non sono richieste opere da fare, ma di credere e fidarsi dell’opera di salvezza che Dio ha compiuto per noi attraverso Gesù. Credere in Gesù è l’unica ed essenziale risposta che dobbiamo dare a Dio, che “ci ha amato fino a donarci il suo Figlio, perché chi crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16). Credere è obbedire a Gesù e alle sue parole di vita eterna: “Le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita” (Gv 6,63). Credere è comportarci da figli di Dio: “Noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro” (1Gv 3,2-3). Credere è operare nell’amore a Dio e ai fratelli: “Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato” (1Gv 3,23). Camminiamo nell’amore: perché “l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rom 5,5). E tale amore alimenta il nostro desiderio di incontrare Gesù ed essere in comunione di amore con i fratelli e sorelle che ci hanno preceduto nel segno della fede. Credere è rimanere in comunione con Gesù e portare frutti di vita eterna: “Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,4-5). Credere è nutrirsi di Gesù, pane di vita eterna: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51).

Lettura esistenziale

“Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori” (Gv 6, 37). Per noi cristiani la morte non è l’unica certezza della nostra vita, ma insieme ad essa vi è la certezza della risurrezione. Dare senso alla nostra morte significa anche dare senso alla nostra vita. La morte non è l’ultima parola, bensì la penultima. Essa è un passaggio da questo mondo al Padre. Gesù non ci evita il passaggio attraverso la morte, ma semplicemente lo spalanca a una luce nuova. L’amore di Dio è un amore eterno. Ed è proprio perché questo amore è eterno che diventa il principio stesso della resurrezione. Dio ci ama fino al punto da non poter permettere che ognuno di noi vada a finire nel nulla, nel vuoto, nella semplice dissoluzione. “Questa infatti è la volontà del Padre mio, dirà Gesù, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6, 40).  Nel momento della nostra morte, la nostra anima raggiungerà direttamente Dio per essere da Lui accolta, se invece abbiamo ancora qualcosa da purificare ci sarà un tempo supplementare di attesa e di purificazione. Inoltre Dio rispetta la nostra libertà, accettando anche la possibilità che Lo rifiutiamo. Alla fine dei tempi, poi, il nostro corpo si unirà alla nostra anima per condividerne la sorte. Noi prepariamo su questa terra, quello che sarà il nostro futuro, la nostra eternità. Consapevoli di questo dovremmo cogliere ogni occasione che ci si presenta, facendone tesoro per il cielo e vivendo come se ogni giorno fosse l’ultimo.