• 21 Maggio 2025 4:28

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Venerdì fra l’Ottava di Pasqua

Letture: At 4,1-12   Sal 117   Gv 21,1-14

Riflessione biblica

“Disse loro Simon Pietro: Io vado a pescare. Gli dissero: Veniamo anche noi con te”. (Gv 21,1-14). Si ritorna alla quotidianità: essa va vissuta alla luce del Cristo Risorto. Le attività sono le stesse di prima, ma esse vanno vissute in Gesù, con Gesù e per Gesù. Per questo, il problema non è la risurrezione, ma vivere da “risorti in Cristo”. Gesù non è un morto e neppure un fantasma. Siamo noi che con la nostra poca fede lo rendiamo un personaggio evanescente, non una persona da amare. Solo l’amore apre gli occhi per riconoscere che il Signore risorto è sempre con noi. Il ritorno al lavoro quotidiano è una necessità della vita, ma non bisogna mai perdere il giusto orientamento a Gesù: altrimenti, invece di “essere pescatori di uomini” secondo la chiamata di Gesù, ritorniamo ad essere semplici pescatori, testimoni che senza Gesù non possono far nulla (Gv 15,5). Gesù è il nostro punto di riferimento quotidiano: rimanere uniti a lui è una necessità del cuore, che ci orienta a colui che dirige il nostro pensare, agire e sentire: “Qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di lui a Dio Padre” (Col 3,17). Tre cose sono essenziali per attuare tale vita nuova in Cristo: fiducia, decisione, sapienza. Fiducia: avere il coraggio di dire: “Signore, sulla tua parola getterò le reti” (Lc 5,5) e lasciarci guidare dalle sue parole, che “sono spirito e vita” (Gv 6,63) e vivere in comunione con lui “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna, rimane in me e io in lui e colui che mangia me vivrà per me” (Gv 6,54.56-57). Decisione: il cambiamento deve essere costante, senza mezze misure, testimonianza della presenza salvifica di Gesù nella nostra vita e adesione d’amore a lui. Sapienza: quella del cuore, per gustare la presenza del Signore nei cambiamenti che insieme a lui compiamo nel nostro operare quotidiano.

Lettura esistenziale

“Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete” (Gv 21,6). Il Vangelo odierno riporta una delle apparizioni di Cristo Risorto ai suoi discepoli. Non è la prima volta che Pietro e compagni, dopo aver pescato tutta la notte hanno le reti completamente vuote. Dalla spiaggia di fronte, Gesù li invita a gettare le reti dalla parte destra della barca e, avendolo fatto, pescano una quantità enorme di pesci. A questo punto il discepolo amato lo riconosce e Pietro si tuffa in acqua vestito per correre incontro a Gesù. “In riva al lago, il Risorto pone a Pietro una delle domande più alte ed esigenti di tutta la Bibbia: «Pietro, tu mi ami?». È commovente l’umanità del Risorto: implora amore, amore umano. Può andarsene, se è rassicurato di essere amato. Non chiede: Simone, hai capito il mio annuncio? Hai chiaro il senso della croce? Dice: ora devo andare, e vi lascio con una domanda: ho suscitato amore in voi? In realtà, le domande di Gesù sono tre, ogni volta diverse, come tre tappe attraverso le quali si avvicina passo passo a Pietro, alla sua misura, al suo fragile entusiasmo. Gesù dimostra il suo amore abbassando ogni volta le sue attese, dimenticando lo sfolgorio dell’agàpe, ponendosi a livello della sua creatura: l’amore vero mette il tu prima dell’io, si mette ai piedi dell’amato. Pietro sente il pianto salirgli in gola: vede Dio mendicante d’amore, Dio delle briciole, cui basta così poco, con la sincerità del cuore. Quando interroga Pietro, Gesù interroga me. E l’argomento è l’amore. Non è la perfezione che lui cerca in me, ma l’autenticità. Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore (S. Giovanni della Croce). E quando questa si aprirà sul giorno senza tramonto, il Signore ancora una volta ci chiederà soltanto: mi vuoi bene? E se anche l’avrò tradito per mille volte, lui per mille volte mi chiederà: mi vuoi bene? E non dovrò fare altro che rispondere, per mille volte: sì, ti voglio bene (Ermes Ronchi).