• 19 Gennaio 2025 11:09

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Feria propria dell’8 gennaio

Letture 1Gv 4,7-10   Sal 71   Mc 6,34-44

Riflessione biblica

“Prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai suoi discepoli perché li distribuissero”. Siamo nell’atmosfera magica dell’Epifania: Gesù si rivela alle genti, e con la moltiplicazione dei pani si manifesta come “il Pane disceso dal cielo”. E in quella occasione, “la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!” (Gv 6,14). La liturgia, quindi, ci invita a meditare sul senso profondo del miracolo compiuto da Gesù: egli è colui che sazia la nostra fame di verità, di giustizia e di amore e ci invita a dare da mangiare a chi ha fame: “Voi stessi date da mangiare” (Mc 6,37). È possibile? I poveri sono tanti e la loro fame è tanta e molto diversificata: fame di pane, di verità, di giustizia, di amore. È possibile, se poniamo la nostra fiducia non nei beni materiali, ma in Dio e nei beni spirituali che egli ci dona. Il Signore non vuole maghi, ma persone che sanno essere solidali con i fratelli bisognosi del nostro aiuto, che sanno mettere in gioco i talenti da lui ricevuti. C’è chi ha beni materiali: “Se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l’amore di Dio?” (1Gv 3,17). L’intelligenza serve per programmare aiuti in maniera saggia: “non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità” (Gv 3,18), la volontà per operare il bene con amore: “Chi dà, lo faccia con semplicità; chi presiede, lo faccia con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia” (Rom 12,8). Non è importante ciò che si dona, ma che lo si doni per amore e in comunione con Gesù: “Chi serve Cristo in queste cose, è bene accetto a Dio e stimato dagli uomini” (Rom 14,8).

Lettura esistenziale

“Ma egli rispose: «Voi stessi date loro da mangiare»” (Mc 6,37). I Dodici sono appena tornati dalla missione, erano partiti armati d’amore, e tornano carichi di racconti. Gesù li accoglie e li porta in disparte. Ma la gente di Betsaida li vede, accorre, li stringe in un assedio che Gesù non può e non vuole spezzare. Allora è lui a riprendere la missione dei Dodici: cominciò a parlare loro di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. C’è tutto l’uomo in queste parole, il suo nome è: creatura che ha bisogno, di pane e di assoluto, di cure e di Dio. C’è tutta la missione di Cristo, e della Chiesa: insegnare, nutrire, guarire. E c’è il nome di Dio: Colui che si prende cura. Gli apostoli hanno a cuore la situazione, si preoccupano della gente e di Gesù, ma non hanno soluzioni da offrire: che ognuno si risolva i suoi problemi da solo. Hanno un vecchio mondo in cuore, in quel loro cuore che pure è buono, ed è il mondo dell’ognuno per sé, della solitudine. Ma Gesù non li ascolta, lui non ha mai mandato via nessuno. Vuole generare, come si genera un figlio, un nuovo mondo. Vuole fare di quel luogo deserto, di ogni deserto, una casa, dove si condividono pane e sogni. Per questo risponde: date loro voi stessi da mangiare. Gli apostoli non possono, non sono in grado, hanno soltanto cinque pani e due pesciolini. Ma a Gesù non interessa la quantità, e passa subito a un’altra logica, sposta l’attenzione da che cosa mangiare a come mangiare: fateli sedere a gruppi, a tavolate, create mense comuni, comunità dove ognuno possa ascoltare la fame dell’altro e faccia circolare il pane che avrà fra le mani. Infatti non sarà lui a distribuire, ma i discepoli, anzi l’intera comunità. Il gioco divino, al quale in quella sera tutti partecipano, non è la moltiplicazione, ma la condivisione. E tutti furono saziati. C’è tanto pane nel mondo che a condividerlo davvero basterebbe per tutti (Ermes Ronchi).