• 18 Maggio 2024 14:05

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Letture: Gio 1,1-2,1.11; Gio 2; Lc 10,25-37

Riflessione biblica

“Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna? … E chi è mio prossimo?” (Lc 10,25-37). L’intento del dottore della Legge non era ostile, egli voleva intavolare una discussione sul Kelal, il “comandamento essenziale”, quello che racchiudeva tutti gli altri comandamenti e da cui tutti gli altri hanno origine. “Che cosa sta scritto nella Legge?”: Gesù passa da una questione accademica ad un invito a riflettere su ciò che è essenziale nella legge di Mosè. Il dottore della Legge lo comprese bene, tanto che rispose subito con il comandamento di Dt 6,4-7: “Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente”, a cui aggiunse il comando di Lev 19,18: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non servono i cavilli: quale Dio? Quale prossimo? Importante è amare. Questo è il comando di Dio, questo è il comando di Gesù: “Dio è amore e chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui” (1Gv 4,16). Tale parola ha un solo nome: Ama, ma anche una sola esigenza: abbi un cuore nuovo. Come sta scritto: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi” (Ez 36,26-27). Non ci sono due amori, ma un solo amore: “Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche suo fratello” (1Gv 4,21). La risposta alla domanda del dottore della Legge: “che devo fare per ereditare la vita eterna?” è una sola: ama il prossimo come te stesso. Meglio ancora: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34-35). “Va’ e anche tu fa’ così” (Lc 10,37): l’essenziale non è sapere «chi è il mio prossimo», ma di «farmi prossimo» a chiunque ha bisogno del mio aiuto. Di più: amare il prossimo alla maniera di Gesù, che “ci ha amato e ha consegnato se stesso per noi” (Gal 2,20).

Lettura esistenziale

“Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?” (Lc 10, 25). Il Vangelo odierno si apre con questa domanda che un dottore della Legge pone a Gesù. Sapendolo esperto nelle Sacre Scritture, il Signore invita quell’uomo a dare lui stesso la risposta, che infatti egli formula perfettamente, citando i due comandamenti principali: amare Dio con tutto il cuore, tutta la mente e tutte le forze, e amare il prossimo come se stessi. Allora il dottore della Legge, quasi per giustificarsi, chiede: “E chi è mio prossimo?” (Lc10, 29). Questa volta, Gesù risponde con la celebre parabola del “buon Samaritano” (cfr Lc 10, 30-37), per indicare che sta a noi farci “prossimo” di chiunque abbia bisogno di aiuto. Il Samaritano, infatti, si fa carico della condizione di uno sconosciuto, che i briganti hanno lasciato mezzo morto lungo la strada; mentre un sacerdote e un levita passano oltre senza nemmeno fermarsi, forse pensando che a contatto con il sangue, in base ad un precetto della Legge, si sarebbero contaminati. Questo brano evangelico mette in luce, prima di tutto, l’amore profondo di Dio verso ogni essere umano, infatti il Buon Samaritano è proprio Dio che si è fatto carico delle nostre sofferenze e ha pagato per noi, però il Vangelo si conclude anche con un mandato: “Va e anche tu fa’ così” (Lc 10, 37). Con queste parole il Signore indica qual è l’atteggiamento che deve avere ogni suo discepolo verso gli altri, particolarmente se bisognosi di cura. Si tratta quindi di attingere dall’amore infinito di Dio, attraverso un’intensa relazione con Lui nella preghiera, la forza di vivere quotidianamente un’attenzione concreta, come il Buon Samaritano, nei confronti di chi è ferito nel corpo e nello spirito. Anche semplicemente il chiedere: “Come stai?” a chi ci sta vicino è un segno di attenzione da non sottovalutare, anche perché nell’attuale società frenetica, in cui tutti siamo più o meno dominati dalla fretta, non è così scontato che questo succeda.