• 21 Maggio 2025 3:39

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Dall’Amazzonia a Chiclayo: il Vescovo raggiungeva gli ultimi a cavallo

Un missionario non va dove lo vogliono ma dove è necessario; e resta fino a quando lo vogliono però non è più così necessario». Con queste parole, il 12 aprile 2023, l’allora arcivescovo Robert Prevost si è congedato da Chiclayo, in cui aveva trascorso gli otto anni e cinque mesi precedenti. Un momento sofferto per i fedeli dove il religioso agostiniano era molto amato. Ad addolcirlo una promessa: «Chiclayo sarà presente nel cuore della Chiesa, nel Vaticano». Un impegno mantenuto ben oltre le aspettative quando, dalla Loggia delle Benedizioni, l’ormai Leone XIV ha rivolto un saluto particolare, in spagnolo, all’amata diocesi situata nel nord del Perù, dove «un popolo fedele ha accompagnato il suo vescovo, ha condiviso la sua fede e ha dato tanto per continuare ad essere Chiesa fedele di Gesù Cristo». Il Perù è intimamente legato alla storia di uomo e di pastore del nuovo Pontefice. Vi è arrivato esattamente quarant’anni fa, al tempo giovane missionario impegnato fra gli ultimi delle regioni andine e amazzoniche. Prima a Chilucanas poi a Iquitos e Apurimac.

Dopo un intermezzo di dodici anni come superiore generale degli agostiniani, vi è tornato nel 2014, quando papa Francesco l’ha nominato prima amministratore apostolico poi vescovo di Chiclayo, situata tra i dipartimenti di Lambayeque e Santa Cruz, diocesi popolata da oltre un milione di persone con appena novanta sacerdoti. Per questo, la gente lo ricorda a cavallo, mezzo con cui percorreva decine e decine di chilometri per raggiungere le remote regioni rurali. «Molti si allontanano dalla Chiesa perché non c’è nessuno che occupa di loro», era solito ripetere il vescovo-missionario, noto come instancabile evangelizzatore. E come pastore impegnato in favore degli ultimi, dalla lotta alla malnutrizione infantile alla battaglia contro lavoro minorile. «Abbiamo necessità di elaborare strategie politiche che ci consentano di uscire dall’esclusione e dalla diseguaglianza – ha affermato nel discorso del 2015 all’Università Cattolica di Santo Toribio di Mogrovejo –. In questo momento, la sfida più grande è l’erradicazione della povertà. Senza raggiungerla non potremo realizzare uno sviluppo sostenibile, integrale, rivolto al bene comune di ciascun essere umano e di tutti gli esseri umani del presente e del futuro e della natura». Nella medesima occasione ha aggiunto: «Nella nostra regione esistono divari tra i più poveri e i più ricchi, tra zone urbane e rurali; i conflitti minacciano lo sviluppo umano. In conclusione, abbiamo necessità della genialità umana ben applicata per trovare soluzioni innovative che consentano la piena inclusione sociale».

Durante la pandemia, che ha colpito molto duramente il Perù, ha più volte chiesto maggiori interventi nella sanità pubblica per aiutare i vulnerabili e i lavoratori informali, i due terzi della manodopera nazionale. L’arcivescovo era anche molto attivo nella difesa della casa comune. Celebri i suoi interventi nel pieno dei disastri causati dal Niño, nel 2017, di denuncia della minaccia rappresentata per i più poveri. Proprio per queste caratteristiche, papa Francesco – che l’attuale Papa aveva conosciuto a Buenos Aires, durante le frequenti visite alle comunità agostiniane – lo ha voluto, dal 2020, nel dicastero dei Vescovi, una componente cruciale della Curia, nonché presidente della Pontificia commissione per l’America Latina. Tre anni dopo lo ha designato prefetto, proprio per il suo profilo di missionario e pastore. I due hanno lavorato fianco a fianco: l’appuntamento delle 7.30 una volta alla settimana era diventata una consuetudine, mantenuta fino alla fine.

(fonte Avvenire)