• 2 Maggio 2024 0:41

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Mercoledì della XXII settimana del tempo ordinario

Letture: Col 1,1-8; Sal 51;Lc 4,38-44

Riflessione biblica

“Tu sei il Figlio di Dio!” (Lc 4,38-44). Tale professione di fede sta al centro del racconto: essa è essenziale per la fede e per essere guariti da Gesù. Egli è il medico che si prende cura dell’uomo nei bisogni del suo corpo e nelle sue esigenze spirituali: “Egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva” (Lc 4,40). L’azione di Gesù non si limitò alla guarigione di un sola persona: la suocera di Pietro (Lc 4,38-39), ma si chinò sulle piaghe di molti che erano soggetti al potere del demonio e si fece solidale con le sofferenze di tutti: “Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato” (Is 53,4). Egli è medico del corpo: “Tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva.” (Mt 14,14). È medico delle nostre anime: egli non agisce da mago, ma nella potenza dello Spirito di Dio ci libera dal potere di Satana (Lc 4,41), operatore di ogni male in noi, e ci immette nella vita dei figli di Dio: “Quanti si lasciano condurre dallo Spirito, costoro sono figli di Dio” (Rom 8,14). Chi ha lo Spirito di Gesù nel proprio cuore, anche nei pericoli e nelle malattie, grida: “Tu sei Figlio di Dio!” (Lc 4,41). E il grido della fede, ma anche di chi, nella forza dello Spirito, collabora con Dio e con Gesù per sconfiggere il male nel mondo. Tutti i seguaci di Gesù, agendo nella forza dello Spirito, possano operare i miracoli dell’amore compassionevole, che si esprime con quella carità umile che ascolta non con le orecchie, ma con il cuore; che non detta leggi di comportamento, ma si pone vicino al fratello e cammina con lui; soffre se il fratello sbaglia, lo consiglia con prudenza, gioisce se egli si rialza. Vivere le opere di misericordia corporali e spirituali è far regnare Gesù nella nostra vita e instaurare il Regno di Dio che viene.

Lettura esistenziale

“Si chinò su di lei” (Lc 4, 39). Gesù si china sulla suocera di Pietro e le restituisce la salute. Mi colpisce sempre questo tratto così umano di Gesù che si china, si abbassa, si fa vicino a noi nelle nostre fragilità, sofferenze, angustie, di qualsiasi genere. “Il Signore è vicino a chi ha il cuore ferito” (Sal 34, 19). Gesù condivide le gioie e le fatiche del nostro cammino quotidiano. Non pensiamo che Dio ci guardi da lontano con distacco e impassibilità, mentre noi ci dimeniamo nelle inevitabili prove della vita. Al contrario, Dio si fa “toccare” dalle nostre sofferenze, le condivide, le porta insieme a noi, non ci lascia mai soli. Durante la persecuzione cristiana dell’anno 203, morirono a Cartagine, nel Nord Africa, Perpetua, Felicita.  Nel racconto del martirio si legge che Felicita si trovava all’ottavo mese di gravidanza. La legge di allora proibiva di esporre nell’arena, al supplizio, le donne incinte. Felicita però, tre giorni prima del martirio dei compagni, diede alla luce una bambina. Mentre si lamentava nelle doglie del parto, i carcerieri le dissero: “Ti lamenti ora, e quando dovrai subire i tormenti del martirio, cosa farai?”. Felicita rispose: “Ora sono io a soffrire, là ci sarà un Altro in me, che soffrirà per me, poiché io patisco per lui”. Come Dio fa con noi, così anche noi siamo chiamati a “chinarci” sulle sofferenze altrui, a “portare i pesi gli uni degli altri” (cfr Gal 6, 2). Talvolta anche chiedere semplicemente, ma con sincero affetto e interesse, al nostro prossimo: “Come stai?” É un segno di attenzione e di amore che può risollevarlo. Questa può sembrare una cosa molto scontata e forse banale, ma non lo è, perché spesso passano intere giornate, senza che ci accorgiamo di chi ci vive accanto, cioè senza percepire quello che grava sul cuore del nostro prossimo. E non pensiamo soltanto alle fatiche che l’altro può attraversare, ma anche alle gioie che vorrebbe comunicare, se ci fosse chi lo ascoltasse, anche questo è importante.