• 3 Maggio 2024 2:37

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Studenti immigrati, risultati migliori a scuola con la cittadinanza italiana

Sono nati (quasi tutti) in Italia, parlano italiano ma non sono, formalmente, cittadini italiani. E questo condiziona, non poco, la loro carriera scolastica. In vista della ripresa delle lezioni, Save the children accende i riflettori sulla difficile condizione degli oltre 800mila studenti con cittadinanza non italiana (pari al 10,6% della popolazione scolastica complessiva), che ancora devono combattere con stereotipi e discriminazioni. Le loro storie sono raccontate dal Rapporto “Il Mondo in una classe. Un’indagine sul pluralismo culturale nelle scuole italiane”, diffuso oggi dall’organizzazione internazionale che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine e garantire loro un futuro.

In ritardo fin da piccoli

Nel nostro Paese, si legge nel Rapporto, solo il 77,9% dei bambini con cittadinanza non italiana è iscritto e frequenta la scuola dell’infanzia (percentuale che sale all’83,1% per i nati in Italia) contro il 95,1% degli italiani, sperimentando così, fin dai primi anni di vita, percorsi scolastici e educativi diversi, che incidono sui risultati e sulle opportunità future. Tra gli studenti con background migratorio – per il 67,5% nati in Italia – si registrano maggiori ritardi scolastici, casi di dispersione e abbandono scolastico. Mentre gli studenti di origine italiana in ritardo nell’anno scolastico 2021/22 rappresentavano l’8,1%, quelli con cittadinanza non italiana erano il 25,4%, con un divario che diventa ancora più allarmante nella scuola secondaria di II grado (16,3% contro il 48,4%). In sostanza, i dati di Save the children evidenziano che «il mancato riconoscimento della cittadinanza italiana ha un impatto sul successo scolastico e segna il percorso di crescita e di formazione rispetto ai coetanei», di questa importante componente della scuola italiana.

Povertà educativa (ed economica)

Le disuguaglianze si rilevano anche negli apprendimenti, prosegue il Rapporto: al termine del primo ciclo di istruzione la percentuale degli studenti che non raggiungono le competenze adeguate in italiano, matematica e inglese (secondo i dati Invalsi del 2023) tra gli immigrati di prima generazione è doppia (26%) rispetto agli studenti italiani o stranieri di seconda generazione. A gravare sul percorso educativo dei minori con background migratorio, anche le condizioni di povertà economica – con un’incidenza del 36,2% della povertà assoluta tra le famiglie con minori composte esclusivamente da stranieri (per le famiglie composte solo da italiani si ferma all’8,3%, per quelle miste arriva al 30,7%) – e l’impatto della pandemia, che ha in molti casi comportato l’interruzione dell’insegnamento della lingua italiana e delle attività extrascolastiche, la mancanza di dispositivi tecnologici per seguire le lezioni, la mancanza di occasioni di socialità e di rapporto scuola-famiglia.

«Servono politiche capaci di far fiorire i talenti»

«Gli studenti immigrati non beneficiano delle stesse opportunità dei loro coetanei italiani – denuncia Daniela Fatarella, Direttrice Generale di Save the Children -. Per questo, sono necessari interventi e politiche ampie che sostengano nella scuola e nella società le opportunità date da una società multiculturale e consentano di far fiorire i talenti di tutte le studentesse e gli studenti, cosa di cui, peraltro, il nostro Paese ha un enorme bisogno per il suo sviluppo».

Italiani, anche prima dei 18 anni

Proprio per favorire il percorso scolastico e di vita dei figli di famiglie immigrate, Save the children lancia oggi la petizione “Cittadinanza italiana per i bambini nati o cresciuti in Italia. È il momento di riconoscere i loro diritti!”, chiedendo la modifica della legge sulla cittadinanza, vecchia di trent’anni. Con questa campagna, si legge in una nota, «l’Organizzazione chiede al Parlamento italiano di riformare la legge sulla cittadinanza e consentire a bambine, bambini e adolescenti nati in Italia o arrivati nel nostro Paese da piccoli, figli di genitori regolarmente residenti, di diventare italiani prima del compimento della maggiore età».

«Opportunità da non perdere»

«Da troppo tempo l’Italia attende una riforma legislativa che riconosca piena cittadinanza ai bambini e alle bambine che nascono o giungono da piccoli nel nostro Paese, rafforzando così il senso di appartenenza alla comunità nella quale crescono e spingendo in avanti le loro aspirazioni per il futuro – ricorda Raffaela Milano, direttrice Programmi Italia Europa di Save the children -. È un’opportunità che il nostro Paese non può perdere. L’impegno a favore dei percorsi scolastici degli studenti con background migratorio – prosegue Milano – deve inserirsi, a pieno titolo, in un piano di contrasto a tutte le gravi disuguaglianze educative che oggi pregiudicano il futuro dei bambini: le disuguaglianze territoriali (con i gravi divari tra Nord e Sud), quelle legate alla condizione economica delle famiglie, quelle relative al genere, in particolare per l’accesso delle bambine alle discipline scientifiche. Il superamento delle disuguaglianze educative va messo al centro degli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, così come dei fondi ordinari e della nuova programmazione europea. Un intervento organico e strutturale a sostegno delle scuole e dei territori che affrontano giornalmente questa sfida è la strada per assicurare davvero, nei fatti, una scuola “aperta a tutti”, come recita la nostra Costituzione».

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 (Fonte Avvenire)