Commento al Vangelo di Don Ciro Lo Cicero
XXII domenica del Tempo Ordinario
Letture: Sir 3,17-20.28-29; Sal 67; Eb 12,18-19.22-24; Lc 14,1.7-14
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
Il Vangelo della XXII domenica del tempo ordinario è un eloquente insegnamento sull’umiltà, una virtù che i maestri di spirito considerano il fondamento di tutte le altre.
L’umiltà è la virtù più gradita a Dio; è la virtù che più di tutte rende amabile l’uomo agli occhi di Dio.
Essere umili significa camminare nella Verità.
La ricerca dell’umiltà è un’avventura che somiglia a quella del pescatore di perle. Bisogna infatti andare giù, immergersi al di sotto del lago tranquillo delle proprie autoillusioni, scendere, scendere, fino a raggiungere quel terreno solido dove riposa la verità su di noi. L’impresa dell’umiltà è, dunque, un’impresa per “l’essere” e per l’autenticità e, come tale ci interessa in quanto uomini, prima ancora che come credenti.
UOMO (homo) e UMILTA’ (humilitas) derivano dalla stessa parola (humus) che significa terra, suolo. “… quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto… Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato”. La scelta dell’ultimo posto è la grande regola di Gesù. L’ultimo posto è il posto di Gesù. E’ il posto di chi ama e di chi serve. E’ il posto di chi desidera distruggere, dentro di se, la terribile sete dell’ambizione: il desiderio di eccellere, di ritenersi migliori e più meritevoli degli altri, di voler essere i primi, di essere stimati e approvati, lodati ed esaltati. Mettersi all’ultimo posto significa condividere la situazione degli ultimi invitati: “… invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti”. Insieme all’ultimo posto, Gesù propone e raccomanda il dono gratuito, senza contraccambio, a coloro che non possono restituire. La logica dell’ultimo posto e del servizio non vale soltanto per la nostra vita personale, ma deve caratterizzare anche le nostre comunità!
Quale vantaggio ne avremo? La ricompensa, quella che ci verrà data un giorno: “Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti”. Questa ci basta!
Buona riflessione e buona domenica a tutti!