• 11 Ottobre 2024 14:57

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Diocesi di Piazza Armerina. Replica all’articolo di “La Sicilia” sul prete accusato di pedofilia

Non tarda  la risposta della Diocesi di Piazza Armerina in relazione all’articolo pubblicato sulla testata giornalistica “LA SICILIA” in data 13 luglio 2023, il cui contenuto appare diffamatorio nei confronti del Vescovo Monsignor  Rosario Gisana, per le illazioni che contiene, le quali nei termini in cui sono state rappresentate non trovano corretto riscontro negli atti processuali.

La Diocesi intende precisare, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art.8 della legge 47/1948, quanto segue:

L’articolo rappresenta l’ennesimo capitolo, relativamente al caso di don Giuseppe Rugolo. Si osserva che l’autrice dell’articolo, che non era presente in udienza ma si assume la responsabilità di pubblicare notizie malamente apprese da altri, con una disinvoltura irresponsabile, estrae brani di atti processuali – in barba al divieto di pubblicazione imposto dal Tribunale, ma questa non è una novità e neppure l’aspetto più grave – li decontestualizza e li trasforma secondo i suoi preconcetti in qualcosa che nulla ha a che vedere con ciò che realmente significano, e, in modo osceno, omette gli elementi essenziali per la corretta comprensione del loro significato.
Così diventa tutt’altro il colloquio tra un Sacerdote che non confessa abusi di sorta ed il proprio Vescovo, a cui le risultanze dell’indagine canonica – dallo stesso affidata a due Giudici Rotali – danno conto dell’operato non di un sacerdote abusante ma dei trascorsi di un seminarista che confessa di avere intrattenuto una relazione affettiva non caratterizzata da abusi.

Il Vescovo, nell’occasione narrata non solo non esercitava il ruolo di giudice, ma quello di guida spirituale, ma come è evidente a chi non ha tesi da dimostrare, invitava il Rugolo a fare chiarezza dentro di se ed a rivedere la propria vocazione, ricordandogli che “il pentirsi dei propri peccati è  la premessa che può divenire  occasione di santità”.
Come si sa (se non si è prevenuti), anche coloro che sono POI diventati santi, possono PRIMA aver attraversato momenti bui di sofferenza e/o di peccato anche grave per cui anche chi è colpevole non deve disperare. Ciò dicendo il Vescovo svolge il proprio ruolo di pastore, guida spirituale, che ascolta e da speranza di conversione a colui che confessa di avere peccato, prospettandogli di scegliere un percorso di penitenza e ravvedimento. Tale conversazione chiara e limpida nel contesto e nei contenuti viene trasformata non solo in una ridicola parodia di ciò che invece realmente rappresenta lo svolgimento di una delle più importanti e difficili espressioni, la guida di un penitente verso la riconciliazione, ma viene addirittura radicalmente deformata in insinuazioni gravemente diffamatorie.

La serietà delle finalità del colloquio che, se complessivamente ascoltato appare chiaramente volta ad esortare nel Rugolo una profonda riflessione sui fatti che lo hanno visto coinvolto per come emergevano al tempo del colloquio, ricordandogli che anche i santi hanno attraversato (e superato) momenti in cui hanno peccato o sono stati tentati, sfugge a chi è abituato ad usare gli articoli di stampa come una pubblica gogna, strumentalmente utilizzata persino per insinuare che il Vescovo nell’esortare Rugolo a superare il proprio momento di personale disperazione, ha affermato che nel proprio percorso vocazionale anche lui aveva avuto momenti difficili, viene letteralmente inventata, con un volutamente maldestro uso delle espressioni verbali “pare” ed “avrebbe”, una tanto inesistente quanto diffamatoria analogia tra la vicenda vissuta dal Rugolo e le difficoltà a cui faceva riferimento il Vescovo, che non aveva risvolti sessuali di sorta, per come lo stesso Rugolo ha avuto modo di precisare, rendendo l’inciso dell’articolo secondo cui Rugolo “avrebbe invitato più volte il vescovo a raccontare la sua vicenda personale, facendo in qualche modo intendere che ci sarebbero dei punti di contatto con la sua” una diffamatoria invenzione che non ha assoluto – neppure putativo – riscontro negli atti processuali.