• 28 Aprile 2024 23:20

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Martedì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario

Letture: Gal 5,1-6; Sal 118; Lc 11,37-41

Riflessione biblica

Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria” (Lc 11,37-41). Puro e impuro: questione superata, che non influisce sul nostro modo di vivere; per i giudei osservanti stabilire la Kashruth, la netta distinzione tra puro e impuro, è essenziale; tutta l’esistenza di chi crede deve essere santificata nei singoli gesti che si compiono ogni giorno.gesu-300x227 Essere o apparire? Ma non è tutto oro ciò che luccica né è santità l’osservanza che diviene scrupolo e giudica gli altri: “Il fariseo vide e si meravigliò che non avesse fatto le abluzioni prima del pranzo” (Lc 11,38). Non si osservano i precetti della legge per giudicare e condannare la condotta degli altri: “Ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio. Non giudichiamoci più gli uni gli altri; piuttosto fate in modo di non essere causa di inciampo o di scandalo per il fratello. Io so, e ne sono persuaso nel Signore Gesù, che nulla è impuro in se stesso; ma se uno ritiene qualcosa come impuro, per lui è impuro. Ora se per un cibo il tuo fratello resta turbato, tu non ti comporti più secondo carità. Non mandare in rovina con il tuo cibo il fratello per il quale Cristo è morto!” (Rom 14,12-15). È probabile che il fariseo ha seguito il suo istinto farisaico nel meravigliarsi del comportamento di Gesù che si sedette a tavola senza farsi le abluzioni rituali. Gesù, invece, va all’essenziale: non basta curare il comportamento esterno del nostro vivere quotidiano, ma curare il proprio cuore per acquistare quella purezza interiore, per cui “tutto è puro per chi è puro, ma per quelli che sono corrotti e senza fede nulla è puro: sono corrotte la loro mente e la loro coscienza” (Tt 1,15). “Essere precisi o perfetti” nell’osservanza delle regole è cosa buona. Ma senza misericordia verso il prossimo, “essere precisi” non ha senso. Il termine “elemosina” è termine greco, che indica la misericordia come amore, rispetto, compassione, attenzione al prossimo. Con la misericordia entriamo in relazione con il fratello: l’accogliamo mostrandogli benevolenza, non lo giudichiamo. Ricordiamoci che Dio è amore (1Gv 4,8) e misericordia (Sal 103,8), per questo Gesù ci ricorda: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso” (Lc 6,36). 

Lettura esistenziale

gesu-segni-ai-farisei-300x200 Essere o apparire?“Voi farisei pulite l’esterno del bicchiere e del piatto, ma il vostro interno è pieno di avidità e di cattiveria. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Date piuttosto in elemosina quello che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà puro” (Lc 11, 39-41). Nel Vangelo odierno, Gesù dichiara con forza che la vera religiosità non risiede nelle pratiche esteriori, specie se queste sono compiute per essere visti e ammirati dagli uomini, ma nel cuore. Gesù disapprova qualsiasi atteggiamento religioso che si basa sull’esteriorità, sull’apparire, sul labile terreno del legalismo che ci pone sempre al riparo dalle novità di un Dio che vuole rinnovarci interiormente. Dio va oltre la superficie, desiderando raggiungere i meandri più reconditi della nostra vita, per risanarli. Divenire consapevoli del male che c’è in noi e avere il coraggio di chiamarlo per nome e di consegnarlo alla Misericordia di Dio, è il primo passo per convertirci. Il secondo passo è dare in elemosina quel che siamo e quel che abbiamo. L’elemosina, avvicinandoci agli altri, ci avvicina a Dio e può diventare strumento di autentica conversione e riconciliazione con Lui e con i fratelli. A questo riguardo, è quanto mai significativo l’episodio evangelico della vedova che, nella sua miseria, getta nel tesoro del tempio “tutto quanto aveva per vivere” (Mc 12,44). La sua piccola e insignificante moneta diviene un simbolo eloquente: questa vedova dona a Dio non del suo superfluo, non tanto ciò che ha, ma quello che è. Tutta se stessa. Dal suo esempio, impariamo a fare della nostra vita un dono totale, a donare cioè non tanto qualcosa di ciò che possediamo, bensì noi stessi.