• 9 Dicembre 2024 9:01

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Sabato della XVI settimana del Tempo Ordinario

Letture: Ger 7,1-11; Sal 83; Mt 13,24-30

Riflessione biblica

“Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?” (Mt 13,24-30). Gesù ha risposto prontamente: “Un nemico ha fatto questo!” (Mt 13,28). La zizzania non è “originaria”: “La zizzania sono i figli del Maligno e il nemico che l’ha seminata è il diavolo” (Mt 13,39). Egli l’ha seminata nella società e ha prodotto ogni sorta di cattiveria: “Fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio” (Galati 5,19-21). La zizzania nella società non è opera di Dio, ma degli uomini che si illudono di poter crescere senza Dio e anche contro Dio. Anche l’impazienza con cui vorremo strappare la zizzazia non coincide con le parole di Gesù: “Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura” (Mt 13,24-30). Ma l’impazienza non è mai stata una virtù. Far crescere insieme male e bene è rischioso, ma spesso ci rafforza nella fede e nella virtù: “Ci vantiamo anche nelle tribolazioni, sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rom 5,3-5). Dobbiamo imparare anche noi l’arte del sapere «essere pazienti»: “l’uomo interiore si rinnova di giorno in giorno, in modo che il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procuri una quantità smisurata ed eterna di gloria” (2Cor 4, 16-17). Chi non è paziente con se stesso, non lo sarà neppure con gli altri. Il cammino spirituale è lungo e richiede molta pazienza anche nelle cadute: il Signore «sa di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere» (Sal 103). Vince non chi non cade mai, ma colui che pazientemente coltiva la propria pace interiore e non confida nelle proprie capacità. Non viviamo il nostro progresso interiore con impazienza, non fuggiamo via dai nostri problemi con palesi evasioni, ma coltiviamolo con amore, perché sappiamo di esser amati e da lui resi “santi come lui è Santo”.

Lettura esistenziale

“Il regno dei cieli è simile ad un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo” (Mt 13,24). Riempie il cuore di gioia, di positività e di ottimismo pensare che Dio ha creato tutto buono e che non c’è neppure una persona, nel cuore della quale, non ci sia qualcosa di buono, anche se la zizzania, per invidia del nemico, è cresciuta insieme al grano. Dio ci guarda con amore e come una Madre che ama teneramente i suoi figli, guarda il bene che c’è nel nostro cuore, il bene che compiamo e che potremo compiere, con il Suo aiuto. Educare è l’arte di saper trarre fuori il bene presente nella persona. Se l’uomo e la donna sono stati creati ad immagine e somiglianza di Dio e Dio è Amore, questo Amore è già presente nel cuore della persona umana. Si tratta di farlo emergere, di portarlo alla luce, se non lo è. È un’arte molto bella e affascinante quella di saper scoprire e promuovere il bene presente nel nostro prossimo, come pure in noi stessi. La stima e l’amore per gli altri cresce e si coltiva quando nutriamo buoni pensieri, quando ci accorgiamo del bene che l’altro compie, ne gioiamo e ne siamo grati. Questo rafforza il bene presente nell’altro e contribuisce non poco a creare attorno a noi un’atmosfera positiva, armoniosa. Spesso capita di sfogarci con lamentele sul conto degli altri, È tempo di cambiare “registro”. Oggi voglio farvi un augurio: Vi auguro con tutto il cuore di “sfogarvi” sempre più spesso quando avete il “cuore in piena” e non riuscite a reggere da soli la gioia e la gratitudine, la stima e l’affetto che provate per qualche persona e avete bisogno di condividerli con qualcuno, di riversare questi sentimenti in un altro cuore che insieme a voi ne gioisca e ringrazi il Signore.