Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Lunedì della II settimana del Tempo Ordinario
Letture: Eb 5,1-10 Sal 109 Mc 2,18-22
Riflessione biblica
“Vino nuovo in otri nuovi” (Mc 2,18-22). La vita cristiana è basata su una triplice novità: dalla legge al Vangelo, dall’esteriorità all’interiorità, dall’assenza alla presenza di Gesù, il Messia di Dio. La novità del Vangelo: “nella pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” (Gal 4,4-5). È Dio, infatti, che si fa presente a noi in Gesù; nella sua parola ci libera dai condizionamenti della legge, nella fede ci rende obbedienti alla volontà di Dio, nell’amore ci fa agire da figli di Dio. Il primato dell’interiorità: non è questione di praticare il digiuno o altre regole, ma di avere “un cuore nuovo e uno spirito nuovo”: “Vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio Spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi” (Ez 36,26-27). La presenza di Gesù: rinnovati dallo Spirito, facciamo tutto in Gesù, con Gesù e per Gesù; allora non c’è spazio né per il “digiuno” o per “la tristezza”, perché l’amore di Gesù ci trasfigura se ci lasciamo penetrare dalla sua gioia, ci rende “pacifici” se la sua pace dimora in noi, ci libera dal nostro egoismo se rimaniamo nel suo amore. È Gesù “il vino nuovo” che rende gioioso il vivere quotidiano. Rinnoviamo il nostro cuore: camminiamo in Gesù e con Gesù per rendere il nostro cuore docile alle esigenze del suo amore e far operare in noi il suo Spirito per produrre il suo frutto, l’amore, divenendo donatori di gioia per gli afflitti, costruttori di pace nella pazienza e nel domino di noi stessi.
Lettura esistenziale
“Ora i discepoli di Giovanni e i farisei stavano facendo un digiuno. Si recarono allora da Gesù e gli dissero: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?»” (Mc 2,18). Questa domanda, in fondo, nasconde un’accusa di poca devozione riscontrata dai farisei in Gesù e nei suoi discepoli. I farisei, che digiunano spesso, hanno un’idea ben precisa di religiosità: il pio israelita, il devoto, rispetta con puntiglio ogni norma della Legge, vive con timore e rispetto la propria vita e si nega ogni eccesso. Ancora oggi molti hanno questa idea: la persona devota è mortificata e penitente, compassata e seriosa. Gesù, invece, viene accusato di essere un mangione e un beone, perché non rientra nell’idea di devozione che hanno i farisei. Gesù replica che la fede produce gioia; che l’incontro con Dio non è la partecipazione ad un funerale ma ad una bella festa di nozze. Se dimentichiamo questa dimensione tradiamo la visione biblica di Dio. Il digiuno che Gesù aborrisce è quello di chi si priva delle cose e dei piaceri, fingendo zelo e accumulando invece tristezza e rabbia nel cuore. Dio non può gradire questo genere di digiuno. Il digiuno che Gesù predilige è invece vivere ogni giorno con gioia spostando il baricentro da se stessi al fratello. Spesso poi il vero digiuno non è quello che noi decidiamo di fare, ma quello che gli altri o gli eventi ci inducono a fare. Impariamo a cogliere queste occasioni provvidenziali con gioia, facendone un’offerta d’amore.