• 13 Novembre 2024 15:33

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Martedì della XXVII settimana del tempo Ordinario

Letture: Gal 1,13-24; Sal 138, Lc 10,38-42

Riflessione biblica

“Maria, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. Marta invece era distolta per i molti servizi” (Lc 10,38-42). Un quadretto simpatico, ma rischia di non rendere l’idea principale: nella vita spirituale accogliere Gesù è decisivo. Marta e Maria hanno accolto Gesù nella loro casa, anche noi, qualunque sia la posizione sociale: sposati, religiosi, “single”, abbiamo bisogno di ricevere Gesù e di essere in comunione con lui: “Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). Tutti abbiamo bisogno della parola di Gesù, ma essa deve essere “servizio nell’amore”, una “fede agente mediante la carità” (Gal 5,6). La contemplazione di Maria e il servizio di Marta sono due dimensioni essenziali della vita cristiana, non vanno contrapposti, ma unificati. Marta con il suo operare ricorda a Maria una grande verità: “Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21) e che l’amore a Dio e a Gesù non può essere astrazione dalla realtà: “Se uno ha ricchezze di questo mondo e, vedendo il suo fratello in necessità, gli chiude il proprio cuore, come rimane in lui l’amore di Dio? Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità” (1Gv 3,17-18). Maria con il suo atteggiamento silenzioso e attratto ricorda a Marta che rimanere in Gesù è necessario: “dov’è il tuo tesoro, là sarà anche il tuo cuore” (Mt 6,21). Inoltre, “solo lui ha parole di vita eterna” (Gv 6,68) e la sua parola è luce: “Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” (Sal 119,105). Gesù è la nostra luce: “Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). Crediamo e operiamo in Gesù, per essere figli della luce (Gv 12,36).

Lettura esistenziale

“Mentre erano in cammino, Gesù entrò in un villaggio e una donna di nome Marta, lo ospitò” (Lc 10, 38). Marta e Maria sono due sorelle; hanno anche un fratello, Lazzaro, che però in questo brano evangelico non compare. Gesù passa per il loro villaggio e – dice il testo – Marta lo ospitò (cfr 10, 38). Questo particolare lascia intendere che, delle due, Marta è la più anziana, quella che governa la casa. Infatti, dopo che Gesù si è accomodato, Maria si mette a sedere ai suoi piedi e lo ascolta, mentre Marta è tutta presa dai molti servizi, dovuti certamente all’Ospite eccezionale. Ci sembra di vedere questo quadretto di vita familiare: una sorella che si muove indaffarata, e l’altra come rapita dalla presenza del Maestro e dalle sue parole. Dopo un po’ Marta, evidentemente risentita, non resiste più e protesta, sentendosi anche in diritto di criticare Gesù: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Marta vorrebbe addirittura insegnare al Maestro! Invece Gesù, con grande calma, risponde: “Marta, Marta – e questo nome ripetuto esprime l’affetto –, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno. Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta” (10, 41-42). La parola di Cristo non lascia dubbi: nessun disprezzo per le attività, né tanto meno per la generosa ospitalità; ma un richiamo chiaro al fatto che l’unica cosa veramente necessaria è un’altra: ascoltare la Parola del Signore; e il Signore in quel momento è lì, presente nella Persona di Gesù! Tutto il resto passerà e ci sarà tolto, ma la Parola di Dio è eterna e dà senso al nostro agire quotidiano. La persona umana deve sì lavorare, impegnarsi nelle occupazioni domestiche e professionali, ma ha bisogno prima di tutto di Dio, che è luce interiore di Amore e di Verità. Senza amore, anche le attività più importanti perdono di valore e non danno gioia. Senza un significato profondo, tutto il nostro fare si riduce solo ad un attivismo sterile e disordinato.