• 29 Aprile 2024 17:44

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Giovedì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario

Letture: Rm 3,21-30; Sal 129; Lc 11,47-54

Riflessione biblica

“Guai a voi, dottori della legge, che avete tolto la chiave della conoscenza. Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito” (Lc 11,47-54). Com’è importante questo rimprovero di Gesù contro il fariseismo di ogni tempo. Ad esso Gesù rimprovera in primo luogo l’ipocrisia e l’incoerenza con cui essi agiscono nel loro rapporto con Dio e con i suoi messaggeri, veri interpreti della volontà di Dio. Sono scomodi i profeti, ma ne abbiamo bisogno: ci indicano la via maestra da seguire, ci purificano da quegli idoli interiori che ci impediscono di essere veri uomini di fede, che seguono Gesù e il vero Dio. Essi ci offrono “la chiave della conoscenza”: il discernimento, per comprendere la parola di Dio e metterla in pratica, il seguire lo Spirito di Dio, per “non conformarci a questo mondo, ma lasciarci trasformare rinnovando il nostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rom 12,2). Tale discernimento deve essere semplice: senza senza complicare il Vangelo con cavilli e interpretazioni di comodo. Aderente alla volontà di Dio: “Se tu vuoi, puoi osservare i comandamenti; l’essere fedele dipende dalla tua buona volontà” (Sir 15,15); viviamo il nostro progetto di vita spirituale alla luce del progetto di Dio e seguiamolo con coerenza d’amore. Leggerlo con piena disponibilità: della mente per arricchirci della sapienza di Dio, della volontà per avere in noi gli stessi sentimenti di Cristo (Fil 2,5), del cuore per compiere tutto in Cristo, con Cristo e per Cristo. Seguirlo con docilità, lasciandoci guidare dallo Spirito Santo: il maestro interiore che ci fa comprendere la via di Gesù e i modi migliori per portare a compimento il nostro servizio di amore a Dio e ai fratelli.

Lettura esistenziale

“Guai a voi, che costruite i sepolcri dei profeti, e i vostri padri li hanno uccisi. Così voi date testimonianza e approvazione alle opere dei vostri padri: essi li uccisero e voi costruite loro i sepolcri” (Lc 11, 47s). Certo, dopo queste parole così forti che il Signore Gesù pronuncia pubblicamente, è facilmente immaginabile quale reazione abbiano gli uditori. Ma il Signore non cerca consensi, vuole solo il bene delle anime e perciò apre loro gli occhi sulla verità. Quando il Signore, attraverso la sua Parola, attraverso la nostra coscienza, attraverso il nostro prossimo o attraverso la storia ci fa notare le nostre incoerenze, come reagiamo? Abbiamo l’umiltà di interrogarci e di metterci in discussione? Spesso quando si parla di correzione fraterna, si pensa più alla correzione in senso attivo, che sarebbe quella che noi facciamo al prossimo; ma esiste anche la correzione passiva, quella cioè che noi possiamo ricevere. Scriveva l’umile S. Francesco d’Assisi: “Beato il servo che è disposto a sopportare cosi pazientemente da un altro la correzione, l’accusa e il rimprovero, come se li facesse da sé. Beato il servo che, rimproverato, di buon animo accetta, si sottomette con modestia, umilmente confessa e volentieri ripara. Beato il servo che non è veloce a scusarsi e umilmente sopporta la vergogna e la riprensione per un peccato, sebbene non abbia commesso colpa” (Ammonizione 22).