Riportiamo un’intervista che la giornalista di Repubblica Accursio Sabella ha fatto a Mons. Antonino Raspanti Presidente della Conferenza Episcopale Siciliana e Vescovo della diocesi di Acireale.
«Papa Francesco ha cambiato il modo di leggere alcuni fenomeni, dalle migrazioni alla povertà. E ha trasformato la Chiesa aprendola di più alle donne e alle periferie». Monsignor Antonino Raspanti è oggi vescovo di Acireale e presidente della Cesi, la Conferenza dei vescovi siciliani. «Bergoglio non conosceva la Sicilia, poi decise di compiere il primo viaggio del suo pontificato a Lampedusa».
Quale fu il segnale lanciato in quell’occasione?
«Fin da quella visita, forte della sua autorità morale, papa Francesco ha imposto un cambiamento delle agende degli Stati sull’immigrazione. E contribuì anche al cambiamento del linguaggio sul tema, a cominciare da quel riferimento al Mediterraneo come il più grande cimitero d’Europa».
In che modo lo fece? «Parlando ad esempio di campi-lager e cambiando il modo di definire i migranti: non erano poveracci che arrivano da giù, ma persone. E portavano con sé il tema dei diritti calpestati, delle pari dignità, della fraternità e dell’accoglienza. Ma anche dello scarto e dell’iniquità, concetti che si legavano al tema dell’ecologia. Un impulso che ha trasmesso alla Chiesa quando ad esempio invitò tutti noi ad aprire i conventi ai rifugiati».
In occasione della sua ultima visita a Palermo, decise di pranzare con la comunità di Biagio Conte. I poveri al fianco dei migranti, quindi?
«La Chiesa si è sempre occupata dei poveri e delle marginalità. Ma con papa Francesco si è fatto in modo nuovo. Il povero non era soltanto una persona da aiutare economicamente, ma un uomo o una donna da abbracciare. Una persona alla quale sedersi vicino, con la quale mangiare. L’attenzione al povero, insomma, può contenere la beneficenza o la filantropia, ma è qualcosa di più. È un modo di sentire l’altro, di riconoscerlo come un fratello».
Il Papa conosceva la Sicilia quando fu eletto?
«Noi vescovi siciliani incontrammo per la prima volta Bergoglio due mesi dopo la sua elezione. Ci disse che sapeva poco o nulla della Sicilia, tranne ovviamente il fenomeno mafioso e un bel film dei fratelli Taviani, “L’altro figlio”’, tratto dalle Novelle per un anno di Pirandello. Già in quell’occasione volle saperne di più».
E le sue parole contro la mafia, nel 2018 a Palermo, hanno ricordato quelle famose di papa Giovanni Paolo II ad Agrigento.
«Proprio così. Sul tema è sempre stato nettissimo. Fu lui, ad esempio, a firmare la beatificazione di Rosario Livatino. A noi chiedeva di stare vicini alla gente affinché trovasse la forza di non indietreggiare, di difendere la propria dignità. Ai mafiosi, invece, ricordava che c’è una giustizia di Dio, come fece papa Giovanni Paolo II, appunto».
Com’è cambiata la Chiesa in questi 12 anni di Pontificato?
«Papa Francesco ha indotto molte curie a una maggiore valorizzazione delle donne. E ha portato a una decentralizzazione: il centro, per lui, non era sempre quello geografico, ma a volte era nelle periferie, anche esistenziali».
(Fonte Repubblica Palermo – Accurso Sabella)