Commento al Vangelo di Fra Giuseppe Maggiore
Domenica di Pentecoste
Letture: At 2,1-11 Sal 103 Rm 8,8-17 Gv 14,15-16.23-26
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre.
Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto».
Pentecoste è fidarsi di Gesù che ci esorta ad uscire, a non avere paura, perché adesso abbiamo la forza per farlo. Il suo Spirito è dentro di noi. Un unico linguaggio quello della rivoluzione dell’amore senza se e senza ma. Utopia? Allora lo è il Vangelo, quando ci dice di amare il nemico, di condividere, di donare, di lavare i piedi anche a colui che sappiamo che ci farà del male, che non ci ringrazierà. È difficile, certo che lo è. Ma il dono dello Spirito è anche comunione, fraternità e per fare ciò bisogna tornare a Lui e tornare uniti.
Non ci sarà nessuna Pentecoste se non decidiamo di ritornare a pensarci insieme, di riconoscere che il nostro destino è legato a quello di chi ci sta accanto. È il “noi” che ci salverà dalla torre di Babele che stiamo vivendo.
Lo Spirito Santo ci rende vivi, ci fa vivere la vita da viventi e non da persone depresse, stanche impaurite come gli apostoli nel cenacolo prima che un vento impetuoso riempisse non solo la casa dove stavano, ma soprattutto la loro mente e il loro cuore. Abbiamo bisogno di coraggio per saper osare, per saper vivere il Vangelo in maniera profetica. Lo spirito ci spinge fuori, ci spinge verso le periferie esistenziali. Ci fa uscire dalle sacrestie, dalle strutture del “si è fatto sempre così”. Ci fa abbandonare la logica dell’arrivismo e del carrierismo, dell’appropriarsi dei ruoli, del protagonismo, per renderci veri seguaci di Cristo, senza la paura di denunciare le guerre, le ingiustizie sociali, e tutto ciò che reprime la libertà dell’uomo.
Lo Spirito, dono del risorto, inviato dal Padre, Colui che rende vivo, incendia, converte, perdona, accoglie. Rianima la Chiesa, ci accende del fuoco del suo Amore. Noi siamo convinti che è la realtà che deve cambiare, innanzitutto siamo noi che dobbiamo cambiare rotta, che dobbiamo convertirci… che dobbiamo bruciare di amore.
Torniamo a pregare! A mettere al centro della nostra vita un dialogo costante con Dio. Pregare non è dire preghiere. Pregare significa far maturare lo Spirito che è già nel nostro intimo e che reclama solo di potersi manifestare. Pregare però non solo con assiduità, ma “concordi”, cioè “con un cuore solo”. Insomma, dobbiamo tornare ad ascoltarci. Lo Spirito ci insegna la relazione. Lo Spirito è vento, uragano, è più forte delle nostre divisioni e chiusure. Quando ci sentiamo angosciati e impotenti, ricordiamoci della potenza dello Spirito. Lo Spirito è più forte della nostra depressione, della nostra rassegnazione, della nostra incapacità.
Facciamo si che il silenzio e la solitudine diventino luoghi dove Dio ci Parla e ci abita.
Diventiamo sua dimora, dimora Trinitaria per diventare Chiesa missionaria, chiesa del Grembiule che sa infiammare il mondo con l’accoglienza, con il dono di se, con la rivoluzione dell’amore abbandonandoci allo Spirito di Verità che ci indica il sentiero da seguire.
La buona notizia di oggi? che se vuoi lo Spirito ti insegnerà ogni cosa
Buona domenica di Pentecoste!