• 5 Maggio 2024 10:56

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura

Venerdì della XVIII settimana del Tempo Ordinario

Letture: Na 2,1.3; 3,1-3.6-7; Dt 32,35-41; Mt 16,24-28

Riflessione biblica

“Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mt 16,24-28). Chiara, lapidaria è la richiesta di Gesù: la croce rimane il segno dell’esistenza cristiana, la via maestra di Gesù, la legge suprema dell’amore e della salvezza per se stessi e per tutta l’umanità: “Quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita?. crocifisso-a-terra-300x228 Perdere per guadagnareIl discepolo assume su di sé la croce di Gesù e la lascia agire nella propria esistenza, rinunziando a se stesso, cioè liberandosi da tutto ciò che lo aliena da Dio, dal suo Regno e dalla comunione con Gesù. È la logica conseguenza della nostra scelta di fede: abbiamo posto Dio al di sopra di ogni altro bene e di ogni altro affetto; del nostro amore a Cristo: L’amore del Cristo ci spinge, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro” (2Cor 5,14-15). Ci siamo lasciati afferrare da lui, tanto che “mi lascio crocifiggere con Cristo, non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me” (Gal 2,19-20). La sequela di Gesù ha senso solo se siamo riusciti a stabilire questo legame profondo di vita, quest’immedesimazione nella fede e nell’amore, che ci immette nella vita stessa di Gesù. Egli, infatti, prima di essere un modello da imitare, è la nostra vita. Pertanto, l’invito di Gesù alla sequela è importante e prezioso: non si limita a comunicare un’insegnamento di vita, ma ci comunica la vita e ci fa essere in comunione di vita con lui: Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia. Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno” (Fil 1,20-21). Uniti a lui e in comunione di vita con lui, “siamo tribolati, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo” (2Cor 4,8-10).

Lettura esistenziale

crocifisso-san-fratello1-300x200 Perdere per guadagnare“Chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà” (Mt 16, 25). Cosa significa perdere la vita per Cristo? Esiste un martirio cruento che comporta lo spargimento del proprio sangue per testimoniare la fede in Dio, ma esiste anche un martirio incruento, quotidiano, al quale ogni cristiano è chiamato. Probabilmente noi non saremo chiamati al martirio cruento, ma nessuno di noi è escluso dalla chiamata divina alla santità, a vivere in misura alta l’esistenza cristiana e questo implica prendere la croce di ogni giorno su di sé. Il termine “martirio” significa “testimonianza”. In che cosa consiste la testimonianza che siamo chiamati a dare? La risposta la troviamo nel discorso della montagna del qual riporto solo una frase: “A chi ti percuote sulla guancia porgi anche l’altra” (Lc 6, 29). Come a dire: anche se ricevi del male, non farti vincere\coinvolgere dalla logica del male, non ricambiare al male con altro male ma con il bene; forse l’altro capirà, prima o poi, che è assurdo esserti nemico. È la logica del chicco di grano che muore per germogliare e portare vita (cfr Gv 12,24). Gesù stesso è il chicco di grano divino, che si lascia cadere sulla terra, che si lascia spezzare, rompere nella morte e, proprio attraverso questo dono totale di Sé, porta frutto. Può capitare di avere dei nemici, Gesù stesso ne ha avuti, ciò che conta non è che non abbiamo dei nemici, questo non dipende da noi, ma che noi non siamo nemici di nessuno. Cioè che coltiviamo pensieri e propositi di pace e non di vendetta, di perdono e non di risentimento, di rabbia o di odio. Vivere questi atteggiamenti non è indolore e comporta una certa lotta e fatica, la fatica non di realizzare ciò con le nostre deboli forze, ma la fatica di abbassare le nostre difese e di vivere un pieno abbandono in Dio che tutto permette per il nostro bene.