• 5 Maggio 2024 23:33

Quotidiano di ispirazione cristiana e francescana

«Accogliere il dono della fede ci rende responsabili dei nostri fratelli. Il desiderio che nasce dall’esperienza dell’incontro con il Signore ci spinge sempre fuori verso l’incontro con l’altro ». Lo ha detto il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, durante una delle meditazioni del triduo in preparazione alla solennità del Perdono di Assisi del 2 agosto, che ricorda la concessione dell’indulgenza chiesta da san Francesco per tutti coloro, pentiti e confessati, avessero varcato la porta della Porziuncola. E’ stato lo stesso Pizzaballa, dell’ordine dei Frati minori, a celebrare la Messa solenne delle 11.30 nella grande Basilica di Santa Maria degli Angeli.

A partire dalle 14.30 invece protagonisti sono stati i giovani e le famiglie della 41ª Marcia francescana “Oggi con me in Paradiso”, provenienti da tutte le regioni d’Italia compreso dalla nostra Sicilia e anche dall’estero che, dopo una settimana di cammino, varcheranno la porta della Porziuncola. Proprio per spiegare il profondo significato del Perdono Pizzaballa ha concentrato l’attenzione delle sue tre sere di triduo sulla domanda: “Come è diventato un uomo di preghiera e di misericordia Francesco d’Assisi? Come è guarito da quella malattia, tanto diffusa ai suoi tempi ma anche ai nostri, che porta a vivere solo per se stessi?”. Per rispondere Pizzaballa ha scelto di farsi guidare dalle tre icone bibliche dei patriarchi Abramo, Isacco e Giacobbe e di affiancarli a tre esperienze che hanno trasformato il cuore di san Francesco.

Nella prima meditazione, l’attenzione si è allora concentrata su Abramo, la cui vita è stata una «vita di preghiera perché tutta spesa per stare di fronte al Signore. In particolare, nell’episodio dell’intercessione a favore delle città di Sodoma e Gomorra, è interessante notare che non è sufficiente la preghiera di Abramo, ma serve anche la presenza di 10 giusti. Ciò che salva una situazione è la presenza di un piccolo resto, luogo benedetto dalla presenza di Dio, una comunità che sappia stare di fronte alla presenza del Signore. Il segno di una vita che è stata toccata dalla misericordia è proprio la capacità di tenere insieme, di creare unità. Anche Francesco d’Assisi si sente responsabile, come Abramo, verso chiunque perché nessuno sprechi la grazia di Dio». «Leggendo infatti il capitolo 23 della Regola non Bollata – ha aggiunto il patriarca – possiamo notare come il Poverello includa ogni categoria di persone. Ci sono tutte le persone che formavano la società del tempo, nessuna esclusa, perché, in fondo, pur nelle differenze che non sono annullate, c’è qualcosa che accomuna tutti ovvero che tutti siamo ugualmente salvati e che solo se perseveriamo nella fede, cioè se accogliamo questa salvezza, che è gratuita e per tutti, diventiamo veramente persone». Una salvezza che san Francesco chiese per tutti quando presentandosi a papa Onorio III disse senza esitazione: «Padre Santo, non domando anni, ma anime». E felice, il 2 agosto 1216, insieme ai vescovi dell’Umbria, annunciò al popolo convenuto alla Porziuncola: «Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!».

Così ogni anno in migliaia vengono per il Perdono, come atto di pentimento e richiesta di misericordia, sull’esempio e in ricordo del Poverello di Assisi. Gli stessi assisani nella primissima mattinata di oggi, guidati dall’arcivescovo Domenico Sorrentino si mettono in cammino verso la Porziuncola per attraversare questa “Porta sempre aperta” come scrive Fra Massimo Fusarelli, ministro generale dei Frati minori, perché così «accogliamo il dono della salvezza e lo testimoniamo attraverso la nostra vita, che qui può essere fatta nuova. Sì, perché il Perdono non è un bene a consumo privato, ma è per tutti, perché cresca la comunità dei redenti, la Chiesa, e per diffondere tra tutti gli uomini e donne di buona volontà il buon profumo di Cristo, attraverso gesti concreti di riconciliazione e di pace, che tengano desta la speranza, in un tempo che la invoca in tanti modi. Buon Perdono».