• 27 Luglio 2024 7:38

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Sant’Agata e la vera bellezza: richiamo alla carità in una città da riabitare

Diilsycomoro

Feb 5, 2024

“La carità salverà Catania”, è questo il messaggio lanciato dall’arcivescovo Luigi Renna alla messa dell’Aurora e ripreso nel discorso alla città. “Sant’Agata – ha detto l’arcivescovo – non faceva dipendere la sua bellezza da un’estetica vuota, ma dalla sua prossimità ai poveri”. E, d’altro canto, pur essendo consapevole di mettere a rischio la propria vita, per amore a Gesù ha deciso di non fuggire dalla sua città, ma di abitarla in modo nuovo: “se non ci fosse stata la storia di questo martirio – e badate che non è un mito da interpretare in modo esoterico – la nostra città sarebbe un’altra cosa e non avrebbe un così grande punto di riferimento come sant’Agata”.

Sant’Agata non è un mito manipolabile a piacimento

“Voglio che non si dimentichi – ha poi aggiunto l’arcivescovo – che Sant’Agata è una martire cristiana non un mito, come vorrebbero farla apparire tante letture culturali e simboliche che proliferano ai nostri giorni. Perché il mito è manipolabile (dall’antica Grecia fino a Freud), ma il Vangelo e i suoi martiri no”. L’insistenza dell’arcivescovo sulla peculiarità di Agata, “martire cristiana che ha riposto tutta la sua fiducia in Cristo Salvatore”, ci aiuta a riflettere sulle manipolazioni in atto della figura della patrona.

La cultura del “mito” ci offre diverse immagini di Agata che non le corrispondono

Alcuni ce la presentano come l’emblema della Bellezza pura, una bellezza disincarnata dalla vita e dalla storia. Ma la bellezza di Agata non è avulsa dalla realtà, ha un nome a cui essa è legata: Gesù. E’ frutto del suo donarsi ai fratelli in forza dell’amore che la sostiene.

Altri ce la presentano come l’emblema della religiosità sganciata dalla fede. Anche questo è un mito manipolabile e manipolato di frequente dalla cultura borghese e dalla cultura mafiosa, che paradossalmente trovano un punto di unione nel professare una devozione astratta, che lascia poi spazio nella vita concreta per fare i propri (a volte loschi) affari.

Altri ancora ci mostrano Agata come l’eroina del moderno femminismo. O come l’eroina pop. Da qui le sfilate di moda ispirate ad Agata o il ballo delle ‘ntuppatedde attorno alle candelore. Anche questo ci ha ricordato a più riprese l’arcivescovo è un modo di ridurre Agata a paganesimo. Agata viene uccisa anzitutto per il suo amore a Gesù e averla a modello significa amare ciò che lei amava e di conseguenza amare e rispettare tutti gli essere umani come figli di uno stesso Padre, soprattutto le più e i più indifesi.

Altri infine ci fanno vedere come la festa di sant’Agata possa essere un business, capace di attrarre turisti. Ma la festa è soprattutto l’occasione per imparare a seguire l’esempio di fede della Martire Agata e “riabitare la nostra città da fratelli”.

Il lavoro che si è fatto in queste settimane, con la reliquia del Velo portata nelle periferie e con la catechesi permanente, ci ha mostrato invece un altro volto di sant’Agata, quello della martire che è, per usare le parole di mons. Renna, “come una gemma sull’albero e ci dona speranza e continua ad annunciarci la Luce che Cristo è venuto a portare nel mondo e che non teme né la corruzione di Afrodisia, né la violenza di Quinziano”.

L’esempio di Agata, e quello del martire dei nostri giorni don Pino Puglisi più volte ricordato in queste settimane, ci indicano la strada di come oggi la nostra vita possa portare luce su Catania e sul mondo, e ci invitano a prenderci cura delle persone che abbiamo accanto e dei bisogni della società. “Perciò – è stato

l’invito dell’arcivescovo – riscopriamoci popolo che costruisce la sua città attraverso un ‘noi’ comunitario; partecipiamo alla cura delle nuove generazioni (…) Il volto di Agata ci chiede di abitare la sua e la nostra città con amore, con quella carità che – come scrive Papa Francesco – è al cuore di ogni vita sociale sana e aperta”.