I fratelli, Alfio, Filadelfio e Cirino nacquero nel III secolo a Vaste in provincia di Lecce da Vitale e Benedetta genitori cristiani.
Furono condannati alla pena capitale per essersi rifiutati di adorare le divinità romane con un’offerta di incenso, azione imposta a chi era sospettato di fede cristiana.
Era l’anno 251 quando i soldati dell’imperatore Treboniano Gallo irrompono nella casa di Vitale e Benedetta da Locuste con l’ordine di trarre in catene i loro 3 giovani figli, rei di avere elusa la legge con la continua testimonianza di quella fede che avevano assimilato in famiglia.
Vennero fatti trasferire a Roma da Nigellione con l’intento di allontanarli del loro precettore Onesimo e avvicinarli ai voleri delle autorita’ imperiali.
Difficile sottomettere i tre cristiani tantoché furono nuovamente trasferiti a Pozzuoli, ove neanche Diomede riesce a piegarli e successivamente in Sicilia, ove dettava legge Tertullo, giovane patrizio romano che si era guadagnato grande autorità.
Sbarcati a Messina il 25 agosto del 252, i 3 fratelli subirono un primo processo a Taormina, poi durante il loro pellegrinaggio, da Trecastagni arrivarono a Lentini dove Tertullo tentò di spezzarne la resistenza affidandoli al suo vicario Alessandro con il compito di sostituirlo nell’opera di persuasione durante la sua assenza.
Viveva allora a Lentini Tecla cugina di Alessandro colpita da paralisi alle gambe che chiese al cugino di poter incontrare quei giovani per un ultimo tentativo di implorare, loro tramite, la sua guarigione. La richiesta fu esaudita dato il grande affetto che Alessandro nutriva per Tecla. I 3 fratelli commossi alla vista di della giovane immobilizzata sul letto le promisero assidue preghiere. La stessa notte a Tecla apparve in sogno l’apostolo Andrea che la rassicuro’ che sarebbe guarita grazie all’intercessione dei 3 fratelli e cosi’ fu. Per ringraziare i 3 giovinetti la giovane si recò da loro di nascosto, assistendoli, confortandoli e portando loro da mangiare e da quel giorno ogni dì. Ma le cure della donna non durarono finchè Tertullo arresosi ormai di fronte allo loro inflessibile costanza nella fede in Cristo emano’ la sua inappellabile sentenza: dopo averli fatto girare ammanettati e frustati per le vie di Lentini, esposti allo scherno della plebe inferocita ed urlante, ad Alfio venne strappata la lingua, Filadelfo fu bruciato su una graticola come San Lorenzo, Cirino fu immerso in una caldaia di olio bollente. Era il 10 maggio del 253.
Su ordine di Tertullo i loro corpi furono legati con funi e trascinati in una foresta, chiamata “strobilio” per la gran quantita’ di pini esistenti. Le spoglie vennero buttate in un pozzo secco, vicino alla casa di Tecla, che ,ormai convertita alla religione di Cristo, estrasse i corpi e diede loro degna sepoltura in una piccola grotta dove fu eretta la chiesa di Sant’Alfio e sulla quale successivamente nel 261 venne eretto un grande tempio ed essi dedicato.