Commento di Fra Marcello Buscemi e Suor Cristiana Scandura
Feria propria dell’11 gennaio
Letture: 1Gv 5,5-13 Sal 147 Lc 5,12-16
Riflessione biblica
“Signore, se vuoi, puoi purificarmi” (Lc 5,12-16). C’è il senso dell’universalità nel racconto: un uomo di una città imprecisata, malato ed escluso dalla comunità, un castigato da Dio. Non chiede di essere guarito, ma “purificato”: predomina il senso morale su quello fisico. Si prostra e prega: la sua umanità riconosce la propria impotenza contro il male e afferma il potere di Gesù: “Signore, se vuoi, puoi purificarmi”. Una preghiera che, nel nostro cammino spirituale, dobbiamo rivolgere spesso a Gesù. Abbiamo bisogno di essere da lui purificati. La fragilità di quest’uomo è la nostra fragilità: dinanzi al male ci sentiamo impotenti, riconosciamo che da soli non ce la facciamo. Il peccato, i peccati si ripetono: non riusciamo a liberarci dall’egoismo, dal fariseismo latente, dall’impazienza che ci rende inquieti e ci fa divenire apatici nel compiere il bene. Dall’egoismo, che alimenta la nostra superbia e non ci fa accettare la realtà su noi stessi e sugli altri, ci impedisce di riconoscere che tutti abbiamo pregi e difetti. Dal pessimismo, che non permette di avere quella sapienza del cuore, che ci fa sentire amati da Dio, da lui sorretti nelle circostanze difficili della vita. Dall’impazienza: si cresce piano piano nella vita secondo lo Spirito e, avendo un cuore pacificato dalla fiducia in Dio, cresceremo sempre di più nella comunione con Gesù, nostra pace. “Lui deve crescere, io diminuire” (Gv 3,30). È la legge della sequela: “Chi mi vuol seguire, rinneghi se stesso” (Mc 8,34). È il principio-base di Paolo: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
Lettura esistenziale
«Signore, se vuoi, puoi purificarmi!» (Lc 5,12): è la richiesta che un lebbroso rivolge a Gesù. Quest’uomo non chiede solamente di essere guarito, ma di essere “purificato”, cioè risanato integralmente, nel corpo e nel cuore. Infatti, la lebbra era considerata una forma di maledizione di Dio, di impurità profonda. Il lebbroso doveva tenersi lontano da tutti; non poteva accedere al tempio e a nessun servizio divino. Lontano da Dio e lontano dagli uomini. Triste vita faceva questa gente! Nonostante ciò, quel lebbroso non si rassegna né alla malattia né alle disposizioni che fanno di lui un escluso. Per raggiungere Gesù, non temette di infrangere la legge ed entrò in città – cosa che non doveva fare, gli era vietato -, e quando lo trovò «gli si gettò dinanzi, pregandolo: Signore, se vuoi, puoi purificarmi». Gesù è profondamente colpito da quest’uomo. Il Vangelo di Marco sottolinea che «ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!» (Mc 1,41). Il gesto di Gesù accompagna le sue parole e ne rende più esplicito l’insegnamento. Contro le disposizioni della Legge di Mosè, che proibiva di avvicinarsi a un lebbroso (cfr Lv 13,45-46), Gesù stende la mano e persino lo tocca. Quante volte noi incontriamo un povero che ci viene incontro! Possiamo essere anche generosi, possiamo avere compassione, però di solito non lo tocchiamo. Gli offriamo la moneta, la buttiamo lì, ma evitiamo di toccare la mano. E dimentichiamo che quello è il corpo di Cristo! Gesù ci insegna a non avere timore di toccare il povero e l’escluso, perché Lui è in essi. Pensiamo a noi, alle nostre miserie… Ognuno ha le proprie. Pensiamo con sincerità. Quante volte le copriamo con la ipocrisia delle “buone maniere”. E proprio allora è necessario stare da soli, mettersi in ginocchio davanti a Dio e pregare: «Signore, se vuoi, puoi purificarmi!» (Papa Francesco).